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  Antonini 98-192
     
 

Marco Ulpio TRAIANO  18 settembre 53 -  8 agosto 117 -

Traiano nacque nel 53 ad Italica, antica città della provincia spagnola.

Traiano fece la carriera e il cursus honorum nell'esercito, come la maggior parte dei rampolli di buona famiglia, acquisendo così le cariche di Questore, Pretore, Legato, Tribuno militare e Console. Nel 96 divenne TraianoGovernatore della Germania dalle tormentate frontiere lungo le rive del Reno.

Combatté per l'imperatore Domiziano contro i Germani, facendosi riconoscere come uno dei migliori comandanti dell'impero.

Ucciso Domiziano, gli successe Nerva, molto impopolare negli ambienti militari, per cui, bisognoso dell'appoggio dell'esercito, per non fare la stessa fine di Domiziano, questi ritenne opportuno adottare come figlio e nominare come successore Traiano, rispettato e temuto capo militare.
Traiano passerà alla storia come l'Optimus princeps, ovvero come il migliore imperatore conosciuto da Roma nell'arco di tutta la sua lunga storia.
Con Traiano l'Impero conoscerà una rinascita economica e un rinnovamento nell'amministrazione pubblica. A questo Traiano aggiungerà le vittoriose imprese belliche, anche se di valore poco reale, perché i nuovi territori saranno difficili da tenere a lungo, ma consolideranno la fama di Traiano per il popolo e per il Senato.


Politica interna - Traiano rafforzò il potere imperiale contro i repubblicani e la linea occidentalista e italica contro il potere orientale, pur mantenendo ottimi rapporti col Senato.
•Rinnovò la classe nobiliare, sostituendo molte delle più antiche famiglie nobiliari con altre di nuova nomina, spesso di origini provinciali ed equestri.
•Impiegò molti esponenti equestri, anziché del ceto tradizionale dei liberti, nelle sfere più alte dell'amministrazione pubblica.

•Reclutò i quadri amministrativi imperiali tra gli esponenti della borghesia municipale italica.
•Promulgò nel 108 un provvedimento che costringeva i nobili senatori, ormai latifondisti provenienti dalle province, ad investire almeno un terzo dei propri patrimoni in terre italiane;
•Istituì le alimentationes, istituzioni statali assistenziali per lo studio e poi l'impiego degli orfani nei quadri bassi dell'amministrazione.
•Ordinò l'erogazione a basso tasso di prestiti alle imprese del ceto medio per finanziare la crescita economica.
 

Architettura -
•Fece costruire ex novo, dall'architetto Apollodoro di Damasco, il celebre porto esagonale di Traiano a Fiumicino, di cui si conservano i resti, che collegava Roma con le regioni occidentali dell'Impero. Il porto aveva ben duemila metri di banchina migliorando così notevolmente l'approvvigionamento dell'Urbe. Fece costruire poi un altro canale, collegando Ostia da una strada lastricata a due corsie.
•Ampliò il porto di Ancona con la costruzione di un molo, con magnifico arco commemorativo, per la navigazione verso l'Oriente.
•Fece ampliare il tragitto della via Appia verso il porto di Brindisi, che partiva da un altro arco edificato a Benevento.
•Eseguì molte bonifiche all'Agro Pontino nelle Paludi Pontine, trasformando in terreni coltivabili molti acquitrini.
•A Roma fece costruire, da Apollodoro di Damasco, lo splendido Foro Traiano, tutt'ora visibile e visitabile, con edifici per la pubblica amministrazione, oltre alla Basilica Ulpia, piazza, i porticati, i colonnati, le biblioteche, le statue, il tempio del divo Traiano, e la Colonna Traiana come celebrazione delle conquiste militari Dacie, uno dei monumenti più belli di Roma. Alta 30 metri e larga 4, in origine colorata, con all'interno una scala a chiocciola che porta alla cima e all'esterno una spirale scolpita che avvolge la colonna di 200 metri larga 1 metro, con oltre 2000 figure in bassorilievo. Sopra c'era la statua dell'imperatore (sostituita purtroppo nel 1588 da una di san Pietro), e alla base l'urna cineraria d'oro con le ceneri di Traiano che ebbe l'onore di essere seppellito dentro le mura della città. L'urna venne trafugata dai Visigoti nel sacco di Roma del 410 e sparì per sempre.
•Fece costruire un nuovo acquedotto che raccogliesse le acque delle sorgenti sui monti Sabatini, presso il lago di Bracciano (lacus Sabatinus), con un percorso sotterraneo lungo le vie Clodia e Trionfale e poi su arcate lungo la via Aurelia. Arrivava a Roma sul colle Gianicolo, sulla riva destra del fiume Tevere.
•Fece costruire acquedotti anche in Dalmazia, in Spagna e in oriente, dove i climi aridi richiedevano l'apporto di risorse idriche maggiori.
•A Roma fece ampliare i canali sotterranei e i cunicoli della Cloaca Massima per il deflusso delle acque piovane e reflue che scaricavano nel Tevere.
•Fece costruire sul Tevere argini e canali lungo i tratti più a rischio per evitare gli straripamenti.
•Fece ricostruire e ampliare il Circo Massimo, con i primi tre anelli alla base in calcestruzzo rivestiti da mattoni e marmi, e solo l'anello superiore in legno. Così la struttura divenne sicura e antincendio, favorendo la costruzione di botteghe e negozi ai lati.
•Sul colle Oppio fece erigere grandiose terme sui resti della Domus Aurea di Nerone; si accedeva da un grande propileo che immetteva direttamente alla natatio, la piscina a cielo aperto.
•Sulla riva destra del Tevere, dove sorge Castel Sant'Angelo, fece realizzare un'area per le naumachie, le battaglie navali.
•In Egitto collegò il Nilo al Mar Rosso con un grande canale (fiume Traiano).
•In Dacia fondò nuove colonie che romanizzò rapidamente. La Colonia Ulpia Traiana sorse sulle ceneri della barbara Sarmizegetusa Regia.
•Fece costruire molti ponti, famoso quello sul Tago nei pressi della città spagnola di Alcantara e, il più lungo, sul Danubio presso Drobeta, costruito in occasione della campagna di Dacia di1135 metri; costruito per il rifornimento delle legioni che avanzavano e per colpire i nemici con una simile dimostrazione di superiorità tecnologica, logistica e militare. Ponte di Drobeta - Dacia


GUERRE -

Traiano in qualità di generale militare si dedicò all'espansione di Roma, sia per accrescere il suo prestigio, sia per rimpinguare le casse dello stato. Sostenne cinque campagne: due contro la Dacia, una contro gli Arabi, una contro gli Ebrei della Cirenaica, un'ultima contro il regno dei Parti.
La guerra dacica fu combattuta per la ricchezza naturale delle zone danubiane e l'esigenza di arginare le continue incursioni dei Daci, guidate dal re Decebalo.
La prima campagna (101-102) si concluse con la sottomissione di parte della Dacia, ma la la seconda (105-106), dovuta alla ribellione del re Decebalo, pur conservato sul trono dai romani dopo la sua sconfitta, assimilò la Dacia come provincia dell'Impero, facendo passare le sue ricche risorse d'oro nelle casse dell'erario romano. Le imprese militari di Traiano in Dacia furono celebrate nella splendida 'Colonna Traiana' nel 113 d.C.
La più importante fu la guerra partica contro il nemico storico di Roma: il regno dei Parti.

Questi, debellate le incursioni degli Unni e dell'esercito della dinastia Han, interruppero la tregua bellica con Roma sui confini armeni. Altre zone orientali cominciarono a ribellarsi.
Così Traiano fu costretto a intervenire con l'esercito in Siria, in Arabia (fondando nel 106 l'Arabia Petrea) e in Cirenaica. Ma la grande guerra partica la combatterà tra il 114 e il 115 concludendola con la conquista dell'Armenia, e poi della Mesopotamia, portando il dominio di Roma fino al golfo Persico.
Già nel 116 iniziano le prime rivolte nei territori partici della Mesopotamia, dimostrando la precarietà della dominazione romana in quelle zone.

Traiano, partito per un'altra guerra, fu costretto da una malattia a riparare in Cilicia, dove morì a Selinunte nel 117.
Poco prima di morire adottò come successore Elio Adriano, suo cugino.

 

Publio Elio ADRIANO  -  24 gennaio 76 - 10 luglio 138 -

Adriano, successe a Traiano, adottato da lui in punto di morte. Non se ne ha però alcuna prova e qualcuno pensò fosse opera di Plotina, moglie di Traiano, che aveva badato a lui come a un figlio.

Adriano, governatore della Siria, si trovava ad Antiochia quando ricevette la notizia dell'adozione, e due giorni dopo ricevette quella della morte dell'imperatore. Come Traiano, Adriano eraAdriano nato ad Italica, ma nel 76.
Nel 98 Adriano aveva portato a Traiano, nella Germania superiore, la notizia della morte di Nerva; poco dopo aveva sposato la pronipote di Traiano, Sabina, ma il matrimonio andò a rotoli, e non solo non si sposò mai più, ma sembra che abbia avuto rapporti con soli uomini.
Come avvenne per Giulio Cesare, che era però bisessuale con preferenza per le donne, i suoi soldati, nonostante l'avversione dei romani per l'omosessualità, non fecero caso a questa sua predilezione, ma si affezionarono a lui giustamente per le sue qualità.
Dal tutore aveva appreso l'arte della guerra seguendolo nella prima e nella Seconda guerra contro i Daci e in quest'ultima si era così distinto da meritare l'anello che Traiano aveva ricevuto da Nerva il giorno dell'adozione. Per tre volte ricoprì la carica di tribuno militare presso la legione II in Pannonia, la XII in Mesia e la XXII in Germania.

Fu anche Questore, Tribuno della plebe e Pretore.
Appena ad Antiochia si seppe dell'adozione di Adriano e della morte di Traiano, le truppe lo acclamarono imperatore, ma Adriano prudentemente scrisse al Senato chiedendo conferma, giurando di esserne stato costretto dall'esercito e di voler governare solo per il bene dell'impero: «Il principe appartiene allo stato e non lo stato al principe » e chiedendo inoltre l'apoteosi di Traiano.
Il Senato accettò e Adriano promise che non avrebbe mai, senza il consenso dell'assemblea, firmato una sentenza di morte per un senatore. Poi fece le solite elargizioni al popolo e ai legionari per tenerli tranquilli.
Entrò a Roma nel 118, il Senato voleva donargli un trionfo, ma Adriano lo riservò a Traiano. Nel 119, per il suo anniversario Adriano concesse giochi imponenti in cui purtroppo cento leoni e altrettante leonesse furono uccise nel circo. L'imperatore sapeva che così si conquistava il favore del popolo: a "panem et circensem" (a pane e circo).
In più ai cittadini condonò i debiti verso il fisco e stabilì che ogni quindici anni si facesse una revisione dei debiti e che le imposte, anziché col sistema degli appalti, venissero riscosse direttamente.
Congiura - Non tutti erano contenti di Adriano. Soprattutto la nobiltà guerriera che non amava l'ellenismo, nè una politica di difesa anziché di espansione. Fra questi Cornelio Palma, conquistatore dell'Arabia Pètrèa, e Lucio Quieto, valoroso generale sotto Traiano, ambedue privati del comando. A loro si erano uniti due consolari e insieme congiurarono contro l'imperatore. Scoperta però la congiura vennero tutti giustiziati per ordine del Senato. Adriano fu spiacente della condanna, perché avrebbe concesso la grazia. Così tolse la carica a chi li aveva condannati e rinnovò la dichiarazione che non avrebbe firmato per nessun senatore la sentenza di morte senza il consenso di tutto il Senato.


Riforme civili -

Importantissima fu quella dell'Editto Pretorio, in cui un magistrato all'inizio del mandato comunicava i principi giuridici generali, che vennero man mano raccolti come guida per i processi. L'Edictum Vetus (vecchio editto) si arricchiva così di nuove applicazioni, per tutelare anche i rapporti non previsti dalla legge.
Adriano affidò la codifica dell'editto al giurista romano Salvio Giuliano, approvato poi da un senatoconsulto che lo rese Editto Perpetuo, insomma un codice civile e penale.
Inoltre dismise il sistema di Augusto che aveva consentito ad ogni imperatore di scegliere i suoi giuristi. Adriano creò invece il Consilium Principis, con ruolo indipendente dall'imperatore.
Cadde pertanto il favoritismo dei liberti cesarei sostituendoli con funzionari della classe dei cavalieri, preposti a: finanze, giustizia, patrimonio, contabilità, opere pubbliche ecc.
Le cariche divennero fisse, venne regolato il loro numero, assegnate le attribuzioni, stabiliti stipendi e carriera.
Creò così una segreteria generale formata da impiegati che consultavano libri, un ufficio di corrispondenza, uno di contabilità, per il patrimonio, per le acque, per le tasse sull'eredità. Creò inoltre un'avvocatura di Stato che difendesse in giudizio gli interessi delle finanze pubbliche, cioè il Fiscus, il Fisco.
Questa riforma dell'amministrazione dette grande impulso finanziario tanto che nonostante le ingenti spese iniziali Adriano mantenne sempre l'erario in equilibrio.
Giuridicamente:

•Rinnovò il divieto dell'evirazione.
•Tolse ai padroni il diritto di vita e di morte sugli schiavi.
•Stabilì pene severe contro i padroni che maltrattavano i servi.
•Proibì il commercio degli schiavi quando si offendeva il pudore e le leggi dell'umanità.
•Tolse la pena di morte agli schiavi che, in caso di uccisione del padrone, erano così vicini a lui da potergli recare aiuto o danno mentre prima venivano condannati alla pena capitale tutti gli schiavi che abitavano nella casa del padrone ucciso.
•In Italia e nelle province affidò la giustizia a speciali magistrati detti iuridici.
•Si circondò di giureconsulti valenti per raccogliere ed ordinare le leggi, gli editti e i senato-consulti, per farne una scelta e farne un codice, l'Edictum Perpetuum.
 

L'esercito -

L'esercito era molto cambiato, soprattutto alle frontiere più tranquille, dove regnava la corruzione, il lusso e i piaceri. Grotte artificiali e portici vi erano stati costruiti per riparare i soldati dalle piogge e dal sole, mancavano operosità, allenamento e disciplina.
Adriano dette un ottimo esempio nei suoi viaggi: rifuggiva dai cocchi, marciava a piedi o a cavallo, sotto la pioggia, tra le nevi o sotto al sole, si intratteneva coi soldati rendendosi conto delle loro condizioni e dei loro bisogni, non portava abiti ed armature sfarzose e soltanto la spada dall'impugnatura d'avorio lo distingueva dagli ufficiali. Proibì nei campi i venditori e le cortigiane, fece demolire le grotte e i portici, ordinò che i soldati vivessero frugalmente e si abituassero con giornaliere esercitazioni all'uso delle armi, alle fatiche e alle economie.
Regolò inoltre la ferma e le promozioni, proibì l'acquisto delle licenze, nella scelta degli ufficiali fece prevalere il merito alle simpatie delle truppe, tolse gli abusi, rinsaldò la disciplina, restaurò il rispetto verso i superiori, propose ufficiali probi ed abili agli ospedali ed ai magazzini, ordinò frequenti ispezioni alle armi, ai fossi, alle mura, ai depositi. Inoltre incaricò Apollodoro di scrivere un trattato sulle macchine da guerra, cui il celebre architetto portò grandi miglioramenti.
Nessun imperatore come lui empì il mondo di opere pubbliche e artistiche.
Adriano per la politica estera seguì la politica di pace di Augusto e di Tiberio. La situazione era difficile: la rivolta nell'Oriente partico e in Palestina, in Armenia, in Mauritania, tra i Sarmati e i Rossolani, e in Scozia.
Adrìano restrinse perciò i confini, munendoli di difese e presidiandoli con un esercito forte e disciplinato: costruì fortini agli sbocchi delle valli carpatiche per la sicurezza della Dacia e dell'angolo tra il Danubio e il Reno, fondò una piazzaforte a Tresmi, fortificò Figizio, Carmuntum a Vindobona ed altre importanti fortificazioni condusse tra il Reno e il Danubio.
Adriano riportò il confine dell' impero all'Eufrate. L'Armenia, da Traiano ridotta a provincia, fu di nuovo innalzata a principato sotto il protettorato romano, ma sorsero liti tra il nuovo re e Farasmane II, re degli Iberi, che invase e devastò la Media; Farasmane poi si recò a Roma a far le scuse all'Imperatore, ma l'Armenia era ancora un pericolo.
L'Assiria e la Mesopotania furono sgombrate, Partamasate fu deposto dal trono partico ed eletto re degli Osroeni; la Parzia ritornò sotto Cosroe e a questo venne restituita la figlia. Questa politica provocò un grave malcontento nell'aristocrazia provinciale.
Vallo di Adriano - Il Vallo di Adriano era una fortificazione in pietra, che anticamente segnava il confine tra la provincia romana occupata della Britannia e la Caledonia (l'attuale Scozia). Questa fortificazione divideva l'isola in due parti.
Il nome viene ancora oggi usato per indicare il confine tra Scozia e Inghilterra, anche se il muro non seguiva il confine attuale. Fu il confine più settentrionale dell'Impero Romano in Britannia e inoltre il più pesantemente fortificato dell'intero impero. Probabilmente le porte di accesso attraverso il vallo servivano anche come dogane per la tassazione delle merci.
Una porzione del vallo è ancora esistente, soprattutto nella parte centrale, e costituisce la principale attrazione turistica dell'Inghilterra settentrionale, dove è noto semplicemente come Roman Wall (muraglia romana). Il Vallo di Adriano è diventato patrimonio dell'umanità dell'UNESCO nel 1987.
Se ne contano 17 fortini nell’elenco di quelli che si trovavano lungo la cima del muro; ma di essi solo 14 furono poi uniti alle mura. Degli altri tre, due rimangono più a sud tanto del muro quanto del Vallo, sulla Stanegate, e risalgono certamente ad Agricola; il terzo (a Castlesteads nel Cumberland) si trova fra il Muro e il Vallo.
L’area compresa nelle cinte dei forti varia da uno a due ettari. Il piano è sempre a forma di parallelogramma con angoli arrotondati. Lo spessore del muro di cinta era almeno di 1,5 m., con un fossato, e quattro ingressi: a nord, est, sud, ovest. Erano a doppio portale, con archi a tutto sesto, e porte di legno a due battenti, che giravano su cardini di ferro.


Viaggi -

Adriano iniziò dalla Spagna, ricca di belle città molto romanizzate, con scuole, strade ampie e sicure, fiorenti culture di olio, vino e i cereali esportate nell'impero; ricca l'estrazione mineraria. Adriano si trovava a Tarracona, quando un'insurrezione in Mauritama lo costrinse a passare in Africa. Anche qui prese provvedimenti per la difesa militare e iniziò la costruzione di un vallum. Inoltre trasferì i quartieri della Legione III Augusta a Lambese.
Poi passò in Egitto e in Oriente, dove il re dei Parti preparava la guerra. Adriano lo rassicurò e gli restituì la figlia. Passò ad altre province asiatiche, ancora poco romanizzate, come in Asia Minore, ricca di foreste, campi di foraggio e armenti, con esportazione di legname e lana. Ispezionò poi la costa ovest, dalla Cilicia all'Ellesponto, con numerose le città e artigianato fiorente, soprattutto le tessiture. Ma la cultura orientale non si era trasformata nè ai Greci nè ai Romani, la sua letteratura era fantasiosa, molle, verbosa; la religione una caotica mescolanza tra l'ellenica, l'egizia, giudaica e cristiana, oltre ai culti asiatici di Mitra, di Cibele, di Attis: questi ultimi tre travasati a Roma.
Soprattutto ebbe presa il culto misterico di Mitra che accoglieva in specie i soldati romani, con un percorso iniziatico di sette gradi, un culto che si sovrappose ad Elios, il Dio sole, a sua volta importato dai Greci. Adriano vi soggiornò parecchi mesi, costruendo e abbellendo: grandi porti, strade, archi, fontane, edifici.
Poi tornò in Grecia, la provincia che amava di più, ma di molto decaduta. Rifece di Corinto la principale città greca, arricchendola di terme, di una magnifica via militare che attraversava l'istmo e di un acquedotto.
Nomea fu dotata di un ippodromo, Mantinea di un superbo tempio a Nettuno. Argo di un pavone d'oro collocato nel tempio di Giunone e rimise in vigore le corse equestri dei giochi Nemei.
Ma ad Atene, che lo nominò cittadino ed arconte, completò il tempio di Giove Olimpico, e sul piano dell'Ilisso fece costruire un grande quartiere, con un arco trionfale con la scritta: «Questa è Atene, l'antica città di Teseo» e dall'altro lato: «Questa è la città di Adriano». Vi fece erigere il tempio della Fortuna con portici e biblioteca, un ginnasio sorretto da cento colonne e il tempio Panthellenion per le feste nazionali dei Greci. Fondò poi una nuova città Tracia che si chiamò Adrianopoli.
Tornò a Roma nel 126, fino al 128. In questi due anni abbellì Roma:
•Fece ricostruire l'antico tempio eretto inizialmente da Agrippa successivamente distrutto, poi divenuto l'odierno Pantheon.
•Costruì il tempio di Venere presso il Colosseo.
•Arricchì di splendidi edifici il Foro Traiano.
•Fece edificare sull'altra sponda del Tevere il suo Mausoleo, la Mole Adriana, rivestita di marmo pario e coronata di statue, l'odierno Castel S. Angelo.
•Sul Campidoglio fondò l'Ateneo per insegnare filosofia, retorica e giurisprudenza.
Presso Tivoli edificò una villa grandiosa, la Villa Adriana, una villa più grande di tutta Pompei, a 17 km. da Roma, dentro la quale fece riprodurre le meraviglie del mondo antico, come:
- Le Terme, con le grandi e le piccole Terme.
- Il Pecìle, ricostruzione della "stoà poikìle" (portico dipinto) il centro politico e culturale di Atene.
- Il Teatro marittimo, innalzato su un laghetto formato da un canale, con un isolotto al centro di 45 m. di diametro accessibile con un ponte movibile. Si dice che Adriano, stanco della corte si rifugiasse sovente in questo isolotto alzando il ponte.


Nel 128 Adriano si rimise in viaggio: Mauritania, Grecia e Asia. In Siria giunse a Palmira, la città del deserto, che dotò di importanti edifici ed elevò al grado di colonia, poi scese nella provincia d'Arabia fino a Petra che in onore dell'imperatore prese il suo nome. Lì fece costruire strade che l'allacciarono con Siria, Palestina ed Egitto.
In Egitto poi fece costruire il villaggio di Antinoopoli, con un magnifico tempio e un nuovo culto in onore di Antinoo, l'amante perduto.
Nel 131 Adriano fece ritorno a Roma, dove consacrò il tempio di Venere e Roma e fece approvare dal Senato l'Editto Perpetuo, base di ogni sistema legislativo moderno, soprattutto inglese. Nel 132 tornò in Palestina per una nuova insurrezione, per cui istituì a Gerusalemme una colonia militare,la Elia Capitolina, e ricostruì la città distrutta in stile greco-romano con templi pagani; sul tempio di Jehova pose un tempio a Giove Capitolino.
Questa costruzione offese molto gli Ebrei facendo scoppiare di nuovo la rivolta in tutta la Giudea. Il gran rabbino Akiba mise alla testa della rivolta Bar Kokeba, considerato il Messia. Il legato Tìneo Rufo tentò di domare la rivolta, ma venne sconfitto, e così altri due generali romani.
Adriano allora corse in Palestina e mise a capo dell'esercito il più valoroso generale del tempo, Sesto Giulio Severo. Si dovette combattere fino al 136 per domare la rivolta. Questa guerra costò perdite enormi ai ribelli: 50 fortezze furono espugnate e 985 paesi distrutti; oltre 500.000 combattenti vennero uccisi; i superstiti vennero venduti come schiavi e i capi della ribellione, specie i rabbini, furono uccisi. Gli Ebrei non ebbero più nè patria nè la loro città santa.
Nel 135 Adriano fece l'ultimo ritorno a Roma.

Per la successione scelse Cejonio Commodo Vero, di costumi corrotti e malaticcio, malvisto da tutti. Quattrocento milioni dì sesterzi, spesi in donativi ai soldati e al popolo, gli costò quell'inutile adozione perchè Cejonio fu mandato in Pannonia a comandarvi le legioni e vi morì nel 138.
La morte di Cejonio venne accolta con gioia specialmente dai Senatori. Dopo vari pretendenti Adriano adottò Tito Aurelio Fulvio Antonino nel 138 che divenne Tito Elio Antonino con la potestà tribunizia e l'impero preconsolare. Non avendo questi alcun figlio gli ordinò che adottasse a sua volta il figlio del defunto Cejonio, e Marco Vero, nipote di Antonino, diciassettenne. Intanto il male di Adriano, l'idropisia, si aggravava. La sofferenza era tale che più volte tentò di suicidarsi. Mormorò durante l'agonia: "I troppi medici uccisero il principe, non la morte."

Morì finalmente a Baja nel 138.

Aveva regnato per venti anni, di cui due terzi passati in viaggio.

A lui il mondo deve tante bellezze architettoniche, come Villa Adriana, che a tutt'oggi conserva il suo splendore.

TitoAntonino Pio Aurelio ANTONINO "PIO" 19 settembre 86 - 7 marzo 161

L'imperatore, designato da Adriano a succedergli, Titus Aurelius Fulvus Boionius Arrius Antoninus Pius, apparteneva a una famiglia piuttosto ricca proveniente da Nemauso (Nimes), nella Gallia meridionale.
Adriano aveva scelto Antonino, che a sua volta adottò, per volere dell'imperatore, il giovane figlio di Lucio Elio Cesare, futuro Lucio Aurelio Commodo, ed il nipote di sua moglie Marco Aurelio Vero, il futuro imperatore Marco Aurelio. Antonino nacque a Lanuvio nell'86 d.C, trascorse la sua giovinezza a Lorium, a 12 km. da Roma, fu Pretore, poi Questore, e nel 120 fu nominato Console, poi Giudice in Campania (uno dei 4 giudici dello stato), Proconsole in Asia e infine membro del Consilium Principis.
Dalla statuaria appare un volto dai lineamenti fini e regolari, magro, labbra sottili, naso greco e collo slanciato, un bell'uomo insomma. Presentandolo al Senato l'imperatore Adriano lo descrisse: "Nobile, mite, indulgente, savio, lontano dagli impeti della gioventù e dal torpore della vecchiaia"
Antonino era intelligente e di buon animo, amava l'ordine e l'economia, era calmo, amante della vita sedentaria, della pace, e della giustizia.
Morto Adriano, Antonino ne portò a Roma le ceneri e chiese che gli venisse tributata l'apoteosi; ma il Senato si oppose e minacciò la damnatio memoriae su Adriano. Non perdonava al passato imperatore i privilegi tolti ai Senatori e una certa crudeltà contro di loro degli ultimi anni.
Antonino però aveva dalla sua l'esercito, per cui riuscì a vincere l'opposizione del Senato. In cambio però dovette abrogare l'organo di governo formato dai quattro giudici circoscrizionali.
Gli fu dato il titolo di Pio per il buon carattere: non prese provvedimenti contro gli oppositori dell'apoteosi di Adriano e amnistiò i condannati dal predecessore. Dette sempre prova di grande clemenza: quando un certo Attilio Tiziano fu esiliato dai Senatori per aver cospirato contro di lui, non volle se ne cercassero i complici, e quando un certo Prisciano, accusato anch'egli di congiura, si tolse la vita per non essere condannato, Antonino ne aiutò il figlio con generosità.
Come Adriano curò molto la giustizia, assistito anche lui dai più illustri giureconsulti.
•Abolì i quattro giudici circoscrizionali istituiti da Adriano.
•Restituì ai Senatori i vecchi privilegi.

•Aumentò le elargizioni alla plebe di Roma, oltre ai 200.000 cittadini che avevano grano e acqua senza lavorare per la legge di Augusto, fece distribuire anche olio e vino.
•Migliorò la condizione della donna decretando che il marito potesse punire l'infedeltà solo se lui stesso fosse stato fedele.
•Migliorò la condizione degli schiavi deliberando che i padroni che uccidessero i loro schiavi fossero puniti come omicidi.
•Abolì la confisca dei beni paterni per i figli dei funzionari condannati per concussione purchè restituissero alle province il mal tolto del padre.
•Punì coloro che nella riscossione dei tributi non si comportassero con umanità.
•L'oro offerto per la sua adozione lo restituì per metà alle province, e il resto a Roma.
•Distribuì denaro al popolo e ai soldati.
•Spese considerevoli somme in feste e spettacoli, e per la celebrazione del nono centenario di Roma, ridusse le imposte.
•Nel 148, revisionando le imposte, condonò ai contribuenti gli arretrati di quindici anni.
•Fu generosissimo negli aiuti a Rodi e in Asia Minore, devastate da un terremoto e con le città di Narbona, Antiochia e Cartagine, danneggiate da incendi, facendo tra l'altro sospendere i tributi per anni.
•Molto denaro spese pure per Roma, che aveva perso in un incendio trecentoquaranta insulae (caseggiati), che era stata inondata dal Tevere, afflitta per giunta da una grave carestia e dalla rovina del circo durante i giuochi apollinari, in cui morì un migliaio di persone.
•Costruì acquedotti, migliorò i porti di Puteoli, Terracina e Gaeta.
•Costruì strade in Africa, nella Gallia, in Italia e nella Pannonia.
•Costruì un tempio ad Adriano e ne terminò il bellissimo mausoleo, in cui vennero deposte le ceneri di Adriano, di Cejonio e poi dei figli e della moglie di Antonino, Faustina (maggiore). Questa morì nel 141 e, sebbene di costumi opinabili, le fece decretare l'apoteosi e innalzare un tempio sulla via Sacra.
•In memoria di Faustina fondò una istituzione di beneficienza per fanciulle orfane, dette le Faustiniane.
•Rinnovò l'incarico anche per sei o nove anni ai governatori delle province più capaci, attento peraltro ai reclami giuridici verso gli abusi dei procuratori del fisco nelle province.
Antonino pur andando incontro a molte spese lasciò un bilancio statale floridissimo, di oltre due miliardi e mezzo di sesterzi.
Non mancarono le rivolte che lo costrinsero alla guerra, anche perchè l'aristocrazia forzava per l'antico mito dell'egemonia romana. Così la Scizia e la Parzia furono ufficialmente considerate province romane.
Le rivolte si ebbero in Acaja, Egitto e sul suolo ebraico, e combattè contro Germani, Alani, Baci, Mauntam e Britanni. Questi ultimi furono i più pericolosi, soprattutto per i Briganti, gli adoratori della Dea Brigantia, e i Caledoni (odierni scozzesi) che minacciavano il Vallo di Adriano.
Il legato Quinto Lollio Urbino li sconfisse e li ricacciò più a nord costruendo un vallo provvisorio oltre il Vallo di Adriano. Stranamente ancor oggi la Scozia adotta il Diritto Romano, mentre se ne discosta di più l'Inghilterra, per quanto la conquista romana abbia pesato più su quest'ultima e poco sulla Scozia.
Fu ricordato come il "Benefattore dell'umanità", "Il piu' santo di tutti i tempi", "Il piu' grande e visibile degli Dei", "Il più caro agli Dei". Per trecento anni, quando si procedeva all'investitura di un nuovo imperatore si terminava con l'augurio "Che tu possa essere come Antonino il Pio".
Antonino Pio si spense a Lorium, dov'era nato, nel 161, a settantaquattro anni, dopo tre giorni di febbre. Il giorno della sua morte, chiamò gli amici e i prefetti delle coorti pretorie, cui raccomandò Marco Aurelio, nella cui stanza fece portare la statua d'oro della Fortuna. Sembra che l'ultima parola a Marco Aurelio sia stata "Aequanimitas", l'invito ad essere equanime, cioè giusto, poi si volse nel letto dall'altra parte come per dormire e morì tranquillamente.


MARCO AURELIO Vero 26 aprile 121 - 17 marzo 180 -

Marco Annio Catilo Severo, ovveroMarco Aurelio Marco Aurelio, nacque a Roma nel 121 d.C., in una villa sul monte Celio, da una nobile famiglia che dichiarava di risalire a Numa Pompilio e a Malemmio re dei Salentini.
Il bisnonno paterno, originario della Spagna Inferiore, aveva fatto una splendida carriera giungendo a Senatore e Questore. Il nonno fu tre volte console, e il padre sposò la ricca Domizia Lucilla, di facoltosa famiglia proprietaria di una fabbrica di tegole.
Fin dalla fanciullezza Marco, forse a causa degli istitutori greci e per una sua propensione alla filosofia, vestì e si comportò come i filosofi, studiando avvolto nel pallio come i Greci, e dormendo per terra.
Adriano stesso, che stravedeva per i Greci, si occupò della sua educazione, facendogli studiare retorica e diritto, nominandolo cavaliere a sei anni e facendolo entrare nel collegio dei Salii a otto. Si trattava di uno dei collegi sacerdotali più importanti di Roma, dedicato al Dio Marte.
Infatti si racconta di un prodigio avvenuto in quel collegio. Quando tutti i sacerdoti avevano lanciato durante il rito ognuno una ghirlanda sull'ara di Marte, la sua e solo la sua si posò sul capo del Dio, le altre finirono in terra.
A quindici anni assunse la toga virile e si fidanzò per volere di Adriano con la figlia di Lucio Elio Cesare, il figlio adottivo dell'imperatore.
Fin dall'infanzia fu introverso, riservato e molto riflessivo. Non a caso scrisse il libro "Colloqui con se stesso", soffermandosi sull'impotenza dell'uomo di fronte agli Dei, e sulle illusioni umane.
Tentò di adattarsi alla realtà del mondo di cui non poteva comprendere le cause, ma questo gli costò una profonda tristezza. Tutto passava e finiva, tutto era palcoscenico e rappresentazione e nulla aveva senso, se non cercare la verità in se stessi.
Per Marco Aurelio l'anima era separata dal corpo, composta dal pneuma, o soffio vitale e dall'intelletto, sede dell'attività spirituale. Come dire una forza vitale e un'intelligenza, riposta però nella mente, il che riporta molto alla divinizzazione greca del logos o mente.
Percepì il suo ruolo di imperatore come un dovere, ma avvertì l'inutilità di qualsiasi azione perchè sapeva che non avrebbe cambiato la folle irrazionalità dell'essere umano.
A diciotto anni morì l'erede di Adriano, Lucio Cesare. Poichè però Marco Aurelio era troppo giovane, fu sostituito da Antonino Pio, che Adriano aveva obbligato all'adozione di Marco, insieme al figlio di Lucio Elio Cesare, Lucio Vero.
Marco Aurelio non fu contento di lasciare la villa dove viveva con la madre (Faustina maggiore) vedova per trasferirsi nella reggia di Adriano.

Poiché non aveva brame di potere sentiva questo come vanità, e in seguito come responsabilità. Diventato membro della casa imperiale, Marco rispettò tutti i parenti continuando a condurre una vita sobria e senza lussi, rammentando a se stesso di "non tingersi troppo di porpora". Amava il pugilato, la lotta, la corsa e il gioco della palla, ma soprattutto gli studi di filosofia.
Morto Adriano e diventato imperatore Antonino, Marco ricevette da lui diversi incarichi: fu Questore, Console e Pontefice, in più l'appellativo di Cesare. Avrebbe preferito dedicarsi agli studi e alle riflessioni ma non si oppose alla sorte, perchè in questo stava il suo stoicismo.
Quando Antonino Pio fu prossimo alla morte chiamò Marco al suo capezzale, e agli amici e ai Prefetti raccomandò di confermarlo suo successore. Poi ordinò di portare nella camera di Marco Aurelio la statua della Fortuna d'oro che stava nella stanza degli imperatori, quindi spirò sereno.

Appena eletto imperatore Marco Aurelio (dominato dalla moglie Faustina Minore) associò al comando il fratello adottivo Lucio Aurelio Vero Commodo. Per la prima volta ci furono due Augusti. Certamente Marco non aveva fiducia nel fratello, ma riteneva suo dovere assecondare il desiderio di Adriano.
Ma la Dea Fortuna non fu dalla parte del nuovo imperatore: il Tevere straripò distruggendo case, gente e bestiame, provocando una gravissima carestia. Entrambi gli imperatori si prodigarono generosamente e anche personalmente, ma nuovi imprevisti colpirono l'impero.
L'Oriente, la Germania e la Britannia si ribellarono costringendo Marco Aurelio, amante della pace, a fare la guerra, e durante la campagna contro Quadi e Marcomanni, Marco Aurelio scriverà una delle opere filosofiche più apprezzate in ogni epoca: "Colloqui con se stesso", scritta in greco, dove tutto, e specialmente le battaglie, sono viste come l'inseguimento di una gloria inutile e insensata.
Nel 162 d.c. la cacciata del governatore della Siria fece scoppiare la guerra contro i Parti. Intanto i Catti invadevano la Germania e la Rezia e in Britannia covava la ribellione. Marco Aurelio mandò in Germania e Britannia i valorosi generali Calpurnio Agricola e Aufidio Vittorino. Contro i Parti, che avevano invaso l'Armenia sconfiggendo due eserciti imperiali, mosse invece un potente esercito comandato da Lucio Vero.
Questi però invece di comandare l'esercito, trascorreva il tempo negli svaghi. Marco sopportò pazientemente e comunque la spedizione fu un successo grazie al generale Stazio Prisco. L'Armenia fu occupata e trasformata in protettorato. A Lucio fu conferito il titolo di Armeniaco. Entrambi gli imperatori celebrarono il trionfo nel 166 con i due figlioletti Commodo e Annio Vero che nell'occasione ricevettero il titolo di Cesare.
Amministrazione e Giustizia - Marco Aurelio fu saggio e rispettoso delle istituzioni repubblicane e del Senato innanzi tutto. Affidò ai Senatori incarichi e funzioni giudiziarie escludendo persone equivoche, favorendo invece anche i poco abbienti purchè meritevoli. Tanta fu la tolleranza che si potevano fare pubblicamente e impunemente caricature ai due imperatori, come fece il mimo Marullo, con cui nessuno si risentì.
I provvedimenti:
•Aumentò i giorni lavorativi per l'amministrazione della giustizia.
•Autorizzò che i processi ai senatori si svolgessero a porte chiuse.
•Concesse a chiunque di prendersi dei procuratori senza specificarne il motivo, mentre prima, in base alla legge Pletoria, ciò era obbligatorio solo per gli irresponsabili e i pazzi.
•Perseguitò i calunniatori che avevano lo scopo di ottenere la quarta parte dei beni delle vittime denunciate.
•Non prese mai in considerazione accuse solo perchè a vantaggio dell'erario.
•Proibì di andare a cavallo e in carrozza entro le mura della città.
•Tentò nuove vie commerciali, anche presso l'Imperatore Cinese nel 166. I Cinesi lo conoscevano col nome di An-Tun.
•In tempo di carestia distribuì fra le città italiche il frumento destinato a Roma e organizzò i rifornimenti.
•Fece arruolare i gladiatori nell'esercito per toglierli dalla schiavitù e limitare i divertimenti.
•Diminuì gli spettacoli gladiatori e gli stipendi degli istrioni.
•Obbligò i pantomimi a cominciare a tarda ora perchè non distraessero la gente dalle occupazioni diurne.
•Istituì l’anagrafe: ogni cittadino romano dovette registrare i figli entro trenta giorni dalla nascita.
•Restaurò le vie di Roma e le strade provinciali controllando i rifornimenti annonari.
•Consentì ai Procuratori delle regioni e delle strade di punire gli esattori che avessero estorto ai contribuenti più del dovuto.
•In seguito alla caduta di schiavi acrobati nel corso di un'esibizione, prescrisse di stendere sul terreno dei materassi, come oggi è d'obbligo l'uso delle reti.


Guerre - Nel 167 scoppiò una nuova rivolta in Germania ad opera dei Marcomanni. Proprio mentre i due imperatori stavano per partire per il fronte di battaglia scoppiò a Roma una grave pestilenza. Le vittime furono migliaia. Per il trasporto dei cadaveri si dovettero impiegare vetture e carri, vennero emanate leggi severissime sulla sepoltura dei morti e vietata la costruzione di tombe senza le precauzioni prescritte. Marco Aurelio dedicò statue alle vittime più illustri e fece seppellire a spese pubbliche la gente del popolo.
Infine gli imperatori partirono verso la Germania. Le legioni di confine avevano subito due sconfitte e i barbari avevano assediato Aquileia. La marcia verso il Nord scoraggiò i ribelli che si ritirarono, ma i due imperatori valicarono le Alpi per difendere l'Italia e l'Illirico. Nei pressi di Venezia, mentre viaggiava in carrozza con fratello, Lucio Vero morì improvvisamente di infarto. Marco, pur disapprovando in vita il fratello, dopo la morte lo fece divinizzare. Qualcuno però pensò che fosse un assassinio per avvelenamento da parte di Marco Aurelio, ma non ci sono prove a riguardo, nè il comportamento di Marco lo lascia minimamente supporre.
Comunque dopo la morte del fratello adottivo, Marco Aurelio governò più serenamente.
Non aveva superbia nè sopravvalutava il suo intelletto. Prima di prendere qualsiasi decisione Marco chiedeva consiglio ai suoi legati perchè: "E' più giusto seguire il consiglio di tanti illustri amici che esigere da loro obbedienza alla mia unica ed esclusiva volontà".
La guerra aveva dissanguato l'erario per cui Marco, per non imporre aggravi fiscali, mise generosamente all'asta nel foro di Traiano preziosi oggetti personali (coppe d'oro, piatti d'argento, statue, vasellame, gioielli e gemme). Alla fine della guerra, risanato il bilancio, Marco autorizzò chiunque lo volesse a rivendergli la merce acquistata e riprendersi il proprio denaro, ma senza obbligo.
Marco Aurelio aveva concesso a diverse tribù barbare di stanziarsi all'interno dell'Impero in cambio di terre da coltivare e con l'obbligo di prestare servizio nell'esercito. Ma il progetto di colonizzazione fu stroncato dalla rivolta di Avidio Cassio in Oriente, che si proclamò imperatore, si dice istigato dall'imperatrice Faustina (minore), convinta che il marito avesse i giorni contati. Anche col figlio Marco Aurelio non fu fortunato. Commodo fu più gladiatore che principe, tant'è vero che diventato imperatore scese nell'arena esibendosi in pubblico.
La rivolta fu domata e la testa di Cassio portata all'Imperatore, che la fece seppellire e si adoperò perché nessuno dei complici della ribellione venisse ucciso, nemmeno un senatore.
Anche le città ribelli di Antiochia e Alessandria vennero risparmiate. Il figlio di Cassio, Eliodoro, venne deportato e gli altri complici ebbero la facoltà di scegliere il luogo dell'esilio e conservare parte dei loro beni. Durante il viaggio in Oriente per ristabilire la pace morì Faustina in circostanze misteriose, qualcuno parlò di suicidio.
Morte -

Colto da un misterioso morbo, forse peste, nell'accampamento nei pressi di Vindobona durante la terza campagna conto i Marcomanni e i Quadi (iniziata nel 178 d.c.) chiamò vicino a sé il figlio Commodo del quale aveva già cominciato a saggiare l'immoralità e la crudeltà.
Chiese al figlio di portare a termine le operazioni di guerra perché non fosse additato come traditore, ma questi rispose che temeva per la sua salute ed intendeva lasciare subito l'accampamento per timore di essere contagiato. Marco non lo contraddisse, lasciandolo libero di agire come voleva, ma lo pregò almeno di aspettare qualche giorno.
Ormai desiderava morire. Digiunò per quattro giorni per accelerare la morte. Il sesto giorno chiamò a sé gli amici più intimi e chiese loro: "Perché piangete per me?" e poi, vedendo che si allontanavano temendo il contagio, disse ancora: "Vedo che volete congedarvi da me, ma io lo faccio prima e vi saluto."
Il settimo giorno, viste le sue condizioni, chiamò di nuovo accanto a sé il figlio poi, dopo averlo allontanato, si coprì il capo come volesse dormire e durante la notte spirò. Era il 180 d.c.
A memoria di Marco Aurelio fu eretta dopo la sua morte la bella e altissima (42 m.) colonna di Marco Aurelio per ricordare proprio le vittorie sul fronte germanico-danubiano. La colonna era sormontata da una statua dell’Imperatore, ma la Chiesa vi ha posto quella di S. Paolo, come fece sostituendo la statua di Traiano con quella di di S. Pietro

 


Marco Aurelio COMMODO 31 agosto 161 - 31 dicembre 192 (31 anni) -

Marco Aurelio Commodo, detto Commodo, della dinastia degli Antonini, nacque a Lanuvio nel 160, e fu chiamato Cesare insieme al fratello minore, Marco Annio Vero che morì nel 169, lasciandolo unico erede.
Marco Aurelio Commodoaveva nominato Imperator Commodo nel 176 d.C. a 177 gli aveva dato il titolo di Augusto, facendogli condividere il potere con lui. Gli fece quindi conferire il Tribunato e il Consolato a soli 15 anni. L'idea che Marco Aurelio avesse compreso l'animo del figlio è dubbia. E' evidente che lo volesse suo successore, oppure Marco non era così saggio come si crede. Commodo accompagnò suo padre al fronte del Danubio nel 178 dove Marco Aurelio morì dopo un paio d'anni, lasciandolo erede a soli 19 anni.
Secondo gli storici fin da subito Commodo aveva mostrato il suo carattere perverso, ad esempio ordinando che si gettasse nel forno un servo che gli aveva scaldato troppo l'acqua del bagno. Di scarsa intelligenza e volontà, aveva rifiutato gli studi dandosi agli esercizi fisici: salto, danza, giochi, lotta. Incaricò i suoi amici di amministrare l'Impero dividendo con loro i soldi che rubavano.
Era completamente pazzo, entrava armato nell'arena per combattere contro disgraziati armati solo con spade di legno. Abbigliato e ritratto nelle statue in veste di Ercole, Commodo riteneva di esserne la reincarnazione vestendosi di pelli di leopardo e clava. Si vantava di aver ucciso 12.000 uomini in combattimenti gladiatori.
Sembra che per ogni apparizione nell'arena, addebitasse alla città di Roma un milione di sesterzi, e guai a colui che non l'avesse osannato in questa caricatura, sarebbe stata morte certa.
Si divertiva a uccidere belve e animali esotici, in cui talvolta rischiava la vita, in particolare gli struzzi tagliando loro la testa con una specie di roncola. Sembra che in un solo giorno ne uccidesse e facesse uccidere 3000. Si narra pure che una volta uccidesse un leone a mani nude, o almeno era quello che voleva far credere e che fece celebrare.
Fece massacrare gli abitanti di una città perché uno di loro lo avrebbe offeso. Si sentiva un Dio e voleva essere adorato come tale, e aveva un harem di circa 300 giovani, uomini e donne. Le sue giornate erano occupate prevalentemente in orge sessuali, cosa di certo non gradita al Senato.
Secondo altri Commodo aveva combattuto nell'arena ancor prima di essere imperatore, era uomo di alta statura, robusto e di imponenti qualità di combattente. Sull'arena aveva vinto ben 700 gladiatori e il popolo lo amava. Gli storici lo declassarono perchè appartenenti all'aristocrazia di cui faceva parte il senato, che Commodo odiava per la sua grettezza e la sua smania di potere. Secondo questa seconda versione proibì ai patrizi di combattere da gladiatori perchè molti lo facevano per conquistarsi gloria e popolarità.
Malgoverno - Alla morte di Marco Aurelio pronunciò alle truppe l'elogio del padre, poi dichiarò di voler tornare a Roma. I generali protestarono perchè la guerra era quasi vinta, ma non ne volle sapere e stipulò la pace con Marcomanni, Quadi e Buri. Questi si impegnarono a restituire disertori e prigionieri, e pure a fornire truppe ausiliarie a Roma. Commodo rientrò a Roma in trionfo come avesse combattuto lui. Nella reggia fiorirono orge e favoriti, una manica di truffatori che accumulavano cariche e snaturavano il Senato e l'Ordine Equestre.
Congiura - Fiorirono così le congiure, di cui la prima guidata da sua sorella Annia Lucilia. Fra i congiurati c'erano il marito Claudio Pompeiano, Unmidio Quadrato, che aveva in moglie un'altra figlia di Marco Aurelio di nome Annia Faustina, e il senatore Quinziano, genero ed amante di Lucilia.
L'incarico di sopprimere l'imperatore era stato dato a Quinziano ma prima di colpire questi gli mostrò l'arma esclamando scioccamente «Te la manda il Senato.» Commodo schivò il colpo e dette l'allarme, la congiura fallì.
Ne seguirono processi e condanne: Lucilia venne relegata a Capri e trucidata. Quinziano e Unmidio Quadrato condannati a morte. Tarrutenio Paterno non aveva preso parte alla congiura, ma era detestato da Perenne che voleva da solo il comando del pretorio.
Ucciso perciò un favorito di Commodo, Saotero, si sparse la voce che l'omicida fosse Paterno e l'imperatore, aizzato da Perenne, lo destituì dal comando dei Pretoriani nominandolo Senatore, poi lo fece accusare di congiura e quindi uccidere. Venne condannato nello stesso modo Giuliano, comandante delle legioni della Germania. Poi fece uccidere i due fratelli Quintili e confiscarne i beni, tra cui una magnifica villa nella campagna romana, di cui ancora oggi restano i sontuosi resti.
Incaricò i suoi amici di crapula di amministrare l'Impero dividendo con loro i soldi che derubavano cittadini e stato.
Nel 190, una parte di Roma fu distrutta da un incendio, e Commodo la fece ricostruire rinominandola Colonia Commodiana, cosa che scandalizzò non poco i Romani. Cambiò in onore di se stesso anche i mesi del calendario, e il Senato diventò Senato della Fortuna Commodiana, mentre l'esercito divenne Esercito commodiano.
E' falsa la notizia che avesse assassinato suo padre, anzi durante il suo regno Commodo eresse vari monumenti celebranti le imprese di Marco Aurelio, tra cui la Colonna Aureliana, il monumento perduto, e probabilmente anche un arco, da cui provengono molte lastre dell'Arco di Costantino e forse la statua equestre di Marco Aurelio sul Campidoglio. Durante il suo regno fece cessare le persecuzioni ai Cristiani, si dice anche perchè fosse innamorato di una di esse, Marcia.
Nel 192 una successiva congiura tentò di avvelenarlo. Commodo bevve un bicchiere di vino drogato e avvelenato offertogli da una delle sue concubine, forse la cristiana Marcia. Ma la dose non fece l'effetto sperato, l'imperatore sopravvisse e la vendetta iniziò. Ma durò poco perchè dopo pochi giorni Commodo fu strangolato nel bagno da Narcisso, istruttore ad una scuola per gladiatori, ed allenatore personale di Commodo.
Quest'ultimo raggiunse Commodo in bagno, lo afferrò per il collo e lo annegò nella vasca, narrando poi "Gli presi il collo con una mano sola, e strizzai. Facile come uccidere uno struzzo"
Il giorno dopo Commodo avrebbe dovuto recarsi al Senato vestito da gladiatore per farsi proclamare Console. Invece il Senato fu ben lieto di decretare la sua Damnatio Memoriae ripristinando il nome precedente delle istituzioni.

Ma nel 195, l'imperatore Settimio Severo, cercando il favore della famiglia di Marco Aurelio, o secondo altri perchè Commodo era stato invece un buon imperatore avversato dal senato, riabilitò la memoria di Commodo ed il Senato lo dichiarò Dio.

Fortunatamente il resto non mutò nome. Con lui finì la dinastia Antonina.

Dopo di lui il popolo ed il senato acclameranno imperatore il senatore Publio Elvio Pertinace.