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    MARIO 157a.C. 86a.C. -  SILLA 138a.C.-78a.C.
    LA PRIMA GUERRA CIVILE
   

A Roma, durante l’ultimo secolo della Repubblica, 133 a.c - 27 a.c., vi furono numerose agitazioni, e guerre sociali come quelle dei fratelli Tiberio e Caio Gracco che, in due occasioni diverse (nel 133 e nel 123 a.c) , provarono a togliere i privilegi agli aristocratici dando parte delle terre ai nullatenenti.

Le riforme fallirono e si conclusero con l’uccisione dei due tribuni della plebe.

Dopo la morte dei Gracchi (121 a.C.) fecero il loro ingresso sulla scena politica e militare romana due personaggi destinati ad entrare nella storia:

Caio Mario e Lucio Cornelio Silla.

Il primo, nato da una famiglia contadina originaria di Arpino, si era talmente distinto in alcune campagne militari in Africa e in Spagna, da poter aspirare al consolato. Divenuto console apportò notevoli riforme nell’esercito: vennero arruolati per la prima volta anche i nullatenenti, mentre ai soldati venne corrisposto uno stipendio.

In questo modo Mario trasformò un eserMario sulle rovine di Cartaginecito di cittadini, in un esercito di mercenari professionisti, composto in prevalenza da uomini che avevano scelto la carriera militare per necessità, disposti a tutto e totalmente asserviti a chi poteva garantire loro i maggiori guadagni.

Con questo esercito Mario, nel 107 a.C ,sconfisse in Africa il re Giugurta, usurpatore del regno di Numidia, alleato di Roma.

Nel 105 a.C , divenuto console Mario, favorito dal tradimento di Bocco e aiutato dal questore Lucio Cornelio Silla, concluse felicemente la guerra in Africa conducendo Giugurta prigioniero a Roma.

Successivamente sconfisse i Teutoni ad Acque Sextie nel 102 a.C e i Cimbri ai campi Raudi nel 101 a.C  ottenendo l’onore del trionfo. Console per sette volte, egli fu il capo del partito democratico e tentò in ogni modo di limitare il potere dell’aristocrazia.

Così facendo entrò in contrasto con Lucio Cornelio Silla, rappresentante della classe nobile romana, suo luogotenente ai tempi della guerra contro Giugurta ed in seguito eletto anch’egli console.

Silla entra in scena nel 107 a.c.

Figlio di nobili decaduti, Lucio Cornelio Silla, dopo essere riuscito a risollevarsi economicamente arrivò ad essere eletto questore ed in quel momento incrociò la sua vita ‘politica’ con quella di Mario.

Silla era cognato di Mario avendo sposato la sorella minore della moglie, Giulia, nel periodo in cui questi stava assumendo il comando della spedizione militare contro Giugurta, re della Numidia. Questa guerra si protraeva ormai dal 112 a.C., con risultati addirittura umilianti per l’esercito romano, tenuto in scacco dalle forze di questo piccolo regno africano.

Alla fine Mario, nel 106 a.C., riuscì a prevalere, soprattutto grazie all’abile e coraggiosa iniziativa di Silla, che riuscì a catturare Giugurta convincendo il suocero Bocco e gli altri familiari a tradirlo e consegnarlo ai Romani. La fama che gliene derivò gli servì da trampolino di lancio per la carriera politica, ma provocò il risentimento e la gelosia di Mario nei suoi confronti.

Dopo aver servito Mario in altre battaglie, Silla tornò a Roma dal Medio Oriente per ‘giocare le sue carte’.

Ritorna quindi l’eterna sfida tra populares (democratici) ed optimati (aristocratici), i primi uniti sotto la guida di Mario, i secondi ben presto sostenitori di Silla

L’aristocrazia romana si sentiva minacciata dalle ambizioni di Mario che, vicino alle posizioni del partito popolare, aveva già conseguito il consolato per 5 anni di seguito, dal 104 a.C. al 100 a.C.

Alla fine del 91 a.C gli Alleati Italici delusi nelle loro aspettative, prendono le armi contro Roma dopo aver formato uno stato federale indipendente. E' l'inizio della Guerra Sociale combattuta nell’Italia centrale per tre anni fino a quando il senato concesse i diritti di cittadinanza a tutti gli Italici 88 a.C .

Nella repressione del moto di ribellione delle popolazioni italiche alleate di Roma, Silla si mise particolarmente in luce come brillante e geniale stratega, eclissando sia Mario che l’altro console Gneo Pompeo Strabone (padre di Gneo Pompeo Magno). Una delle sue imprese più famose fu la cattura di Aeclanum, capitale degli Irpini, ottenuta incendiando il muro di legnMarioo che difendeva la città assediata.

Come conseguenza, nell’88 a.C., ottenne per la prima volta il consolato, insieme a Quinto Pompeo Rufo. Una volta eletto console Silla si vide affidare la guida delle legioni per lanciare una battaglia al Re del Ponto Mitridate.

Mario che voleva per sè il comando dell’impresa, si organizzò per ostacolare Silla.

Assunta la carica, Silla poco dopo assunse dal Senato l’incarico di governare la provincia d’Asia, per compiervi una nuova spedizione in Oriente e combattervi quella che poi sarebbe stata denominata la prima guerra mitridatica.

Si lasciò tuttavia alle spalle, a Roma, una situazione assai turbolenta. Mario era ormai vecchio (69 anni), ma nonostante ciò, aveva ancora l’ambizione di essere lui e non Silla, a guidare l’esercito romano contro il re del Ponto Mitridate e, per ottenere l’incarico, convinse il tribuno della plebe Publio Sulpicio Rufo a fare approvare una legge che sottraeva a Silla il comando, già formalmente conferito, e lo attribuiva a Mario.

Appresa la notizia Silla, accampato in quel momento nell’Italia meridionale in attesa di imbarcarsi per la Grecia, scelse le 6 legioni a lui più fedeli e, alla loro testa, si diresse verso Roma. Nessun generale, in precedenza, aveva mai osato violare con l’esercito il perimetro della città (il cosiddetto pomerio). La cosa era talmente contraria alle tradizioni che Silla esentò gli ufficiali dal parteciparvi.

Spaventati da tanta risolutezza, Mario ed i suoi seguaci fuggirono dalla città. Dopo avere preso una serie di provvedimenti per ristabilire la centralità del Senato come guida della politica romana, Silla lasciò di nuovo Roma, per intraprendere la guerra contro Mitridate.

E così fu compiuta la prima ‘marcia su Roma’.

Era l’88 a.c. quando ebbe quindi inizio la prima guerra civile romana.  Non appena Silla si allontanò per dirigere la battaglia contro Mitridate, Mario ritornò in città, uccise i suoi oppositori e si fece rieleggere console per la settima volta.

Morì poco dopo, nell’86 a.c.

A Mario successero alcuni suoi uomini che, assieme al Senato, dichiararono Silla nemico di Roma e si prepararono a combatterlo, anche spedendo alcune legioni in Asia per sottrargli i comandi nella battaglia contro Mitridate IV. La manovra non riuscì, Silla vinse la guerra, organizzò la pace, prese tempo per preparare il suo ritorno in Italia, che avvenne nell’82 a.c.

Tornato vittorioso dall’Oriente, Silla assume la carica di dittatore a tempo indeterminato.

La sua vendetta fu tremenda: vennero pubblicate delle liste di proscrizione, veri e propri elenchi di persone destinate ad una morte cruenta che chiunque poteva uccidere senza incorrere in alcuna sanzione punitiva. I beni di questi nemici dello Stato sarebbero stati poi confiscati dallo Stato stesso.

Una curiosità riguardo alle liste si proscrizione: una ricompensa per chi li tradiva o li assassinava scatenò una feroce caccia al proscritto che in pochi mesi caSillausò 9.000 vittime. La discrezionalità della proscrizione lasciava spazio a corruzione e raccomandazioni e ne approfittò il giovane Giulio Cesare, che aveva sposato la figlia di Cinna, Cornelia, riuscendo a far cancellare il proprio nome dalla lista.

La politica di Silla risulta evidente dalla costituzione aristocratica sillana:

  • approvazione delle leggi Cornelie per aumentare i poteri dell’aristocrazia senatoria

  • Aumento del numero dei senatori da 300 a 600

  • Abolizione della censura per la carica senatoria

  • Proposte ai comizi che devono prima essere approvate dal senato

  • Svuotato il potere dei cavalieri a livello giudiziario con la creazione di tribunali di soli senatori

  • Vietato ai tribuni della plebe convocare il popolo, parlare nelle assemblee e accedere a cariche politiche superiori

  • Separato il potere civile da quello militare: pretori e consoli devono restare in Italia durante l’anno in carica e solo nel secondo anno possono andare a governare province e  comandarvi legioni solo dietro designazione del senato.

  • Ampliamento del pomerio dalla cinta esterna di Roma agli estremi limiti della parte peninsulare dell’Italia, per impedire che altri si imponesse nella politica con la forza delle armi.

In questo modo ai senatori venne nuovamente assegnata l’amministrazione della giustizia togliendola ai cavalieri, ai quali in contropartita venne concesso l’ingresso in Senato. Ai consoli venne tolto il comando dell’esercito e durante il loro mandato non potevano lasciare Roma; tra una magistratura e l’altra dovevano passare almeno due anni e chiunque avesse ricoperto la carica di tribuno della plebe, non poteva aspirare ad altri incarichi pubblici

Nel 79 a.C. Silla si ritirò a vita privata e dopo circa un anno morì.

Nonostante la sua opera, la Repubblica si avviava alla fine, dal momento che gli eserciti continuavano a dipendere da generali che potevano servirsene contro lo Stato, mentre la classe politica corrotta dai lussi e sempre più avida di ricchezze era ormai incapace di governare saggiamente.

Furono due personaggi diversi, Mario e Silla, anche per il modo di operare.

Pur venendo da un ceto povero, Mario fu più ambizioso e più avido di Silla, e non rinunciò a candidarsi per la settima volta a console. Quando prevedibilmente (era padrone assoluto di Roma) venne eletto, trascorse i diciassette giorni di questo suo ultimo consolato nel delirio, farneticando di nuove conquiste e mimando combattimenti. Finché la morte non liberò prima lui che Roma dalla sua ossessiva ambizione.

E se la coerenza di Silla con i propri principi aristocratici fa miglior figura con i posteri dell’avidità plebea di Mario, di fatto la  riforma dell'esercito attuata da Mario (maggiore potere ai generali) costituì una delle basi fondamentali per la fine della Res Publica, come vedremo in seguito con Cesare e Pompeo.

Prima, infatti, gli eserciti erano costituiti da cittadini che svolgevano il servizio militare a proprie spese per la Repubblica, adesso ci sono soldati di professione che si aspettano di essere degnamente ricompensati dal proprio generale ed sono fedeli a lui e solo a lui, anche quando chiede di compiere atti di un’illegalità senza precedenti.