Allo sviluppo ed alla diffusione del feudalesimo contribuirono l'insicurezza e
la tensione create in tutta Europa nel corso dei secoli IX e X dalle
frequentissime incursioni dei Normanni e degli Ungari.
Vichinghi o Normanni -
provenienti dalla Danimarca e dalla penisola scandinava
(genericamente designati col nome di Normanni, uomini del Nord), cominciarono
dalla fine del secolo VIII ad apparire, sulle loro agili imbarcazioni, oltre la
Manica.
Durante la prima metà del IX secolo saccheggiarono importanti centri
cittadini della Francia e della penisola iberica (Bordeaux, Nantes, Tolosa,
Lisbona, Siviglia) e penetrarono anche nel Mediterraneo.
Dopo avere saccheggiato
le coste, i Vichinghi risalivano con le loro flotte i grandi fiumi compiendo
razzie nelle campagne e nei villaggi.
Nell'881 assalirono Aix-la-Chapelle, dove
distrussero la tomba di Carlomagno. Fecero anche dei tentativi, più o meno
riusciti, di insediamento stabile, con la creazione di piccoli Stati che, in
alcuni casi, durarono qualche decennio. Nel 911 una schiera capeggiata da Rollone si stabilì sulle rive della bassa Senna, in una regione che prese poi il
nome di Normandia, ed ottenne dal sovrano francese Carlo il Semplice il
riconoscimento del possesso.
Qui gli immigrati organizzarono uno Stato
abbastanza solido, adottando lingua, costumi e istituzioni della popolazione
assoggettata.
Dalla Normandia, nel secolo successivo, mossero schiere di soldati
e di avventurieri che si sparsero in tutto l'Occidente; giunsero, oltre che in
Inghilterra, anche nell'Italia meridionale, dove ebbero modo di dimostrare
capacità militari e doti di organizzatori politici.
Importanti, dal punto di vista dello sviluppo politico ed economico delle
regioni slave, furono le immigrazioni di Normanni (Vareghi, provenienti dalla
Svezia), in Russia. Spingendosi verso il Sud lungo il Volga ed il Caspio,
tentarono un assalto a Costantinopoli nell'860.
Verso la fine del IX secolo (882
circa) un loro capo, Oleg, si stabilì a Kiev, gettando le basi dello Stato
russo, sul quale la sua dinastia regnò fino al secolo XVI. Con la loro presenza
in Russia, i Vareghi crearono tra l'Oriente ed il Nord un'attiva corrente di
scambi commerciali, che aveva uno dei suoi nodi principali nella città di
Novgorod.
Meno importanti per lo sviluppo economico e civile, ma ugualmente micidiali per
i saccheggi e le distruzioni, furono le incursioni degli Ungari o Magiari, che
cominciarono verso la fine del IX secolo, specialmente contro l'Italia del Nord,
Baviera, Svezia, Alsazia, Lorena, Borgogna, Linguadoca.
Pavia fu presa nel 924, Verdun saccheggiata nel 926.
Nello stesso tempo si rinnovò l'assalto musulmano. L'Africa del Nord, dove gli Aglabiti si erano resi indipendenti dal califfato, fu la base di una intensa
attività di pirateria che si indirizzò specialmente verso l'Italia e la Francia
e di un rinnovato slancio espansionistico. Caratteristica di questa attività fu
la creazione di teste di ponte e basi relativamente stabili nelle stesse regioni
che erano oggetto degli attacchi.
L'operazione più importante promossa dagli Aglabiti fu la conquista della
Sicilia, iniziata nell'827 e portata a termine nel corso di parecchi decenni.
L'ultima roccaforte bizantina, Rometta, cadde nel 965.
Risultato di questi continui assalti, che durarono circa un secolo, fu in Europa
il peggioramento delle condizioni di vita delle popolazioni, l'ulteriore
disgregazione della società, la decadenza delle attività commerciali. Il moto di
difesa portò le masse dei contadini, particolarmente colpiti dalle incursioni, a
stringersi sempre più attorno ai guerrieri, ai capi militari, ai signori: il
sistema feudale, in tutti i suoi aspetti, si venne consolidando.
La disgregazione dell'impero carolingio -
Anche la coesione politica dell'Europa occidentale risentì gravemente
dell'ondata di incursioni, che deve essere considerata come una delle cause che
abbreviarono la vita dell'impero carolingio.
Carlo Magno aveva dato una forte impronta personale alla restaurazione
dell'impero. Nessuno dei suoi successori, dopo la sua morte, ebbe le doti
necessarie per proseguire la sua opera; ma lo stesso imperatore contribuì alla
disgregazione, dividendo i territori imperiali tra i suoi figli, Carlo, Pipino e
Ludovico.
Il primo ebbe il Nord della Francia e della Germania; il secondo la
Lombardia e la Germania meridionale; il terzo la Francia meridionale, Borgogna e
Catalogna.
L'unità poté ricostituirsi solo perché Carlo e Pipino morirono prima
del padre.
Nell'813, un anno prima della sua morte, Carlo associò alle funzioni imperiali
Ludovico, incoronandolo egli stesso con una cerimonia laica che tendeva a
garantire l'indipendenza del figlio dalla Chiesa. La conservazione dell'unità
imperiale fu ripetutamente minacciata durante il regno di Ludovico
(soprannominato il Pio). Egli associò all'impero il figlio Lotario, destinando
gli altri figli, Pipino e Ludovico, a svolgere funzioni di viceré
rispettivamente nella Francia meridionale e in Germania (Ordinatio imperii,
817). L'autorità imperiale sulla Chiesa venne rafforzata.
Lotario, inviato a
Roma nell'824, anche per reprimere scandali e conflitti che fiorivano nella
città, emanò un Constitutum che poneva sotto l'autorità imperiale la popolazione
e l'amministrazione cittadina e stabiliva che il papa, eletto dai Romani (laici
e chierici), doveva prestare giuramento all'imperatore prima di essere
consacrato.
Ludovico ebbe un ultimo figlio nell'823, Carlo, che fu poi detto il Calvo. Per
assegnargli una parte dell'eredità rimise in discussione l'Ordinatio dell'817 e
la modificò a danno del primogenito Lotario. Fu l'inizio di una lunga guerra
civile e di una serie di disordini che durarono fino all'840, anno in cui morì
Ludovico.
Era morto intanto anche Pipino; i due fratelli Ludovico e Carlo, con
il giuramento di Strasburgo (il cui testo è considerato il primo documento del
volgare francese), si coalizzarono contro Lotario e lo sconfissero.
La pace fu
stipulata il 14 febbraio 843 a Verdun e si stabilì in quel trattato la
definitiva divisione dell'impero. Il titolo imperiale, assegnato a Lotario, non
aveva più che un valore formale. Ludovico II, successo a Lotario nell'855,
trascorse la maggior parte della vita in Italia, alle prese con i problemi di un
paese in cui la presenza dei Bizantini, del Papato, dei residui longobardi e,
infine, degli Arabi creava difficoltà politiche di ogni sorta.
Dopo Ludovico II, ebbe la Corona imperiale Carlo il Calvo. Sotto il suo regno
una ribellione di principi impose il riconoscimento della ereditarietà dei
grandi feudi, sancita nel Capitolare di Quierzy. (14 giugno_ 877)
Incursioni normanne, pirateria saracena, rivolte interne, tendenze
indipendentistiche dei grandi signori (come Bosone, che fece della Provenza un
regno indipendente) portarono lo Stato in condizioni di sfacelo.
Dopo la morte di Carlo il Calvo (877) ed un periodo di conflitti dinastici, fu
imperatore
Carlo il Grosso (881). Incapace, per le proprie personali debolezze e per le
difficoltà della situazione, di affrontare i problemi che gli stavano di fronte,
egli fu deposto nell'887. L'ultimo suo gesto umiliante fu il pagamento di un
forte riscatto ad una banda di Normanni che assediava Parigi. L'impero era
finito: tutto il suo territorio era coperto da una rete di grandi signorie
feudali, sotto la quale non potevano ancora riconoscersi i confini delle
nazioni.
La Francia -
Per un lungo periodo dopo la deposizione di Carlo il Grosso, nei paesi dell'ex
impero carolingio la potenza della
feudalità non incontra ostacoli. Ma questa
fase di « anarchia » è anche un periodo in cui, sia pure lentamente, maturarono
nuove forze (monarchie, città) destinate a modificare l'organismo
politico-sociale.
Nella Francia divisa tra grandi feudatari, l'autorità regia è nulla al di fuori
del territorio che costituisce il dominio diretto della Corona (il territorio
tra la Loira e la Senna) e perfino i vassalli insediati nel dominio reale spesso
si sottraggono ai loro doveri di obbedienza.
Eletto re nel 987, Ugo Capeto non
ebbe miglior fortuna di coloro che lo precedettero nel X secolo e non poté
superare i limiti posti alla sovranità dalla potenza dei grandi feudatari. Una
vera e propria organizzazione del potere monarchico, con un suo apparato
amministrativo e politico nazionale, non era ancora avviata. Potenti signori
come l'arcivescovo di Reims, il conte di Tolosa, il duca di Aquitania, non
nascondevano di sentirsi uguali o anche superiori al sovrano. Ugo Capeto riuscì
a raggiungere un primo risultato positivo per il consolidamento della monarchia,
facendo coronare, mentre egli era ancora vivente, suo figlio Roberto e
istituendo così la prassi della ereditarietà, che fu poi seguita anche dai suoi
discendenti. Inoltre, lo stretto legame con la Chiesa consolidò la posizione dei
Capetingi. Roberto il Pio (996-1031), Enrico I (1031-1060) e Filippo I
(1060-1108), se non tentarono neppure di sottomettere i grandi signori,
riuscirono tuttavia ad ingrandire e riorganizzare il dominio reale (al quale
appartenevano le città di Parigi e di Orléans) ed a farsi obbedire dai loro
vassalli diretti.
L'Inghilterra
In Inghilterra il sistema feudale fu impiantato dai Normanni quando già in
Francia era in pieno sviluppo. Dopo la prima invasione, che la resistenza del re
del Wessex limitò ad una sola parte dell'isola, i gruppi di Normanni che non
riuscirono a sbarcare in Inghilterra occuparono l'attuale Normandia (911). Uno
dei successori del duca di Normandia Rollone, Guglielmo il Conquistatore,
promosse una nuova invasione in Inghilterra, approfittando della crisi dinastica
apertasi alla morte del re anglosassone Edoardo il Confessore. Egli contestò ad
Aroldo, che si era fatto eleggere re, il diritto alla successione e, sbarcato
nell'isola con un forte esercito, riportò la vittoria nella battaglia di
Hastings (1066).
L'impiego da parte normanna della cavalleria pesante,
affermatasi come l'elemento fondamentale dell'esercito nel continente, ebbe un
ruolo decisivo in quella battaglia.
Nell'organizzare il suo Stato dopo la conquista Guglielmo, che subito dopo Hastings si fece incoronare re d'Inghilterra, seguì il modello delle istituzioni
francesi, distribuendo feudi (castellanìe, manors) ai capi normanni che lo
avevano accompagnato. Egli ed i suoi successori dovettero quindi affrontare, nei
rapporti con la feudalità, problemi analoghi a quelli della monarchia francese.
Durante il suo regno, Guglielmo riuscì a realizzare la fusione tra anglosassoni
e normanni, giovandosi anche dell'aiuto dell'arcivescovo di Canterbury,
Lanfranco. Un documento della cura con cui in questo periodo fu amministrato il
patrimonio della corona è il Domesday Book, un catasto generale delle terre del
regno che contiene la precisa indicazione dei diritti spettanti al re nei vari
territori e che, insieme ai « polittici » altra volta ricordati, è una delle più
importanti testimonianze del modo di organizzazione dei rapporti economici e
sociali nelle campagne durante la prima età feudale.
Il regno d'Italia
L'anarchia feudale esplose in quella parte centro-settentrionale dell'Italia che
aveva costituito il regno longobardo. Per lungo tempo, tra 1'877 e il 960, un
gruppo di grandi signori si contese il potere regio e quelli tra loro che
riuscirono a conquistarlo non ebbero che un'autorità formale e furono quasi
sempre travolti dalle ribellioni degli altri feudatari. Il primo di questi re,
Berengario I, marchese del Friuli, fu costretto a fuggire e lasciare il regno ad
altri principi che assemblee di feudatari elessero al suo posto. Egli mantenne
la corona per circa trent'anni, ma governò realmente per un periodo molto
minore: appena un anno dopo la sua elezione, avvenuta nell'888 gli fu
contrapposto come re Guido, duca di Spoleto, che successivamente si associò al
trono il figlio Lamberto. Restaurato nel'898, Berengario fu detronizzato per due
volte da Ludovico re di Provenza e definitivamente sconfitto poi da Rodolfo duca
di Borgogna, che lo fece assassinare nel 924. Più a lungo restò sul trono Ugo di
Arles (926-946), che seguì a Rodolfo, e che il vescovo Liutprando da Cremona
descrive come « uomo prudente quanto audace, valoroso ed abile, amico della
religione, caritatevole, generoso verso le chiese e protettore del clero e della
cultura ». Queste buone qualità non impedirono però che l'opposizione feudale
riuscisse a scalzarlo: gli fu imposto di abdicare a favore del figlio Lotario,
al quale si sostituì presto un secondo Berengario, marchese d'Ivrea (950), con
il quale ha termine, come vedremo, il « regno d'Italia » autonomo.
La Chiesa
Con l'assassinio, voluto dall'aristocrazia romana, del papa Giovanni VIII,
nell'882, si apre il periodo più triste della storia del papato.
Tra gli ultimi
anni del IX secolo e la prima metà del successivo,Roma fu teatro di ferocissime
contese tra famiglie feudali, alle quali non furono estranee le aspirazioni dei
grandi che si contendevano il regno d'Italia e un titolo imperiale che, in
realtà, non aveva molto significato. Uno degli episodi più noti di questo
sanguinoso periodo è il processo a papa Formoso, a conclusione di una serie di
contrasti per la corona imperiale fra Arnolfo di Carinzia e Lamberto di Spoleto.
Formoso aveva dato a quest'ultimo la corona imperiale, ma in seguito aveva
ripetuto la cerimonia a favore del re di
Germania, Arnolfo (896).
Ripreso il
sopravvento il partito favorevole a Lamberto, e morto Formoso, fu eletto al
soglio pontificio Stefano VII. Questi fece riesumare il cadavere del suo
predecessore, lo fece portare in tribunale e, dopo un processo nel corso del
quale un diacono seduto accanto al cadavere rispondeva in sua vece, lo fece
gettare nel Tevere.
Stefano VII fu imprigionato e ucciso dopo breve tempo (897).
Il capo della nobiltà romana, Teofilatto — che, tra le altre cariche, aveva
anche quella di comandante della milizia romana — fu praticamente padrone della
città e dello stesso seggio pontificio. Alla sua influenza ed a quella della
dissoluta figlia Marozia si dovette l'elezione dei papi Leone VI (928-929),
Stefano VIII (929-931) e Giovanni XI (931-933). Il governo del figlio di
Marozia, Alberico, che si ribellò contro la madre, fu un periodo di relativa
quiete; dopo la morte di lui, con il governo del figlio quindicenne Ottaviano
(che fu anche papa col nome di Giovanni XII, 956-963), corruzione e disordine
riapparvero a Roma. A questa situazione pose fine Ottone di Sassonia che nel 963
fece deporre da un concilio Giovanni XII ed eleggere Leone VIII e che, in quella
stessa occasione, ricevette la corona imperiale. Da quel momento, fino ai primi
anni del secolo successivo, i papi furono eletti col consenso dell'imperatore e
dietro sua diretta indicazione.
Il regno di Germania
Il regno di Germania comprendeva il territorio della Saale e dall'Elba al Reno,
dall'Eider alle Alpi.
Composta dai quattro compatti gruppi etnici di Sassonia, Franconia, Svevia e Baviera, la popolazione tedesca, che raggiungeva appena i
tre milioni e mezzo di abitanti, subì, nel IX e X secolo, la pressione esterna
degli Scandinavi, degli Ungari e degli Slavi.
L'economia del paese, quasi
esclusivamente agricola, era organizzata secondo il modello del regime
signorile, sebbene la libera proprietà contadina avesse una estensione maggiore
che nelle altre regioni dell'Occidente.
Sottoposti all'autorità di duchi, i
grandi complessi politico-territoriali che costituivano il regno, e che
poggiavano saldamente su basi etniche, offrivano una notevole resistenza
all'accentramento monarchico, ma non presentavano un quadro di sminuzzamento
dell'autorità come quello dei principati francesi. La lotta contro le invasioni
favorì poi il superamento del particolarismo regionale, specialmente dal momento
in cui fu eletto il primo re della dinastia di Sassonia, Enrico (919-936).
Lo
slancio espansionistico degli Scandinavi si era già arrestato, dando un nuovo
corso ai rapporti che con essi (e specialmente con il regno di Danimarca)
avevano i tedeschi: rapporti ora caratterizzati da continue guerriglie di
frontiera, ma anche dall'inizio di intese politiche, di contatti economici, e
soprattutto dall'opera di cristianizzazione avviata dal vescovado di Amburgo. La
pressione degli Ungari e degli Slavi, che occupavano vastissimi territori a
nord-est della Germania, continuava invece a farsi sentire minacciosa.
Enrico I,
proseguendo la lotta che tradizionalmente i duchi di Sassonia conducevano contro
gli invasori, riuscì a contenere la minaccia e nello stesso tempo ad estendere
il regno ad Occidente, con l'annessione del ducato di Lorena.
Toccò al figlio di lui, Ottone I (936-973) il compito di assicurare
definitivamente la difesa dei confini e di superare le tendenze
particolaristiche che minacciavano l'unità del regno, affermando la monarchia
sassone come la più salda di tutto l'Occidente.
La monarchia sassone.
Una condizione che gli permise di raggiungere questi obiettivi fu la svolta che
egli impresse all'organizzazione del potere, trasformando la Chiesa nel più
importante organismo di governo politico del regno e rinunciando in parte alla
collaborazione dell'aristocrazia laica. A questa svolta Ottone fu spinto anche
dalle frequenti rivolte interne, l'ultima delle quali, nel 953, fu capeggiata
dallo stesso figlio del re, Liudolfo, duca di Svevia. Da quel momento la
tendenza ottoniana a servirsi della Chiesa si accentuò fino a caratterizzare
tutta la sua politica.
Scelti e nominati dal re in base a considerazioni di
carattere politico ed investiti anche del potere spirituale nella diocesi, i
vescovi furono i cardini dell'amministrazione del regno. Naturalmente, anche in
questo caso, erano rapporti feudali quelli che si instauravano tra il re e i
vescovi, e comportavano quindi concessioni di benefici, di cui Ottone fu
larghissimo nei confronti della Chiesa, e di ampie immunità. Sennonché, la
vigile coscienza di Ottone e la concezione sacrale che egli aveva della
sovranità, impedirono che il sistema così creato degenerasse in un nuovo
particolarismo. La politica ottoniana rafforzò i vincoli politici tra le
popolazioni tedesche e consentì la formazione di una forza militare (alla cui
organizzazione provvedevano gli stessi vescovi) che non ebbe l'eguale in
Occidente in quel periodo.
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