Quando l'Europa occidentale cadde sotto le invasioni germaniche il potere
imperiale si spostò nell'impero Bizantino, cioè la parte orientale dell'Impero
romano, con la sua capitale Costantinopoli.
Le province orientali dell'impero
romano erano sempre state più numerose di quelle occidentali. La loro civiltà
era più antica ed avevano città più grandi e in maggior numero che in occidente.
Fu Costantino il grande che rese ancora più importante la capitale Bisanzio nel
330 rinominandola Costantinopoli e facendone la sede del governo imperiale.
Costantinopoli divenne la sola capitale dell'impero e rimase così fino alla fine
dell'VIII secolo, quando Carlo Magno rinforzò il suo regno.
L'impero bizantino
rimase in vita finché non fu distrutto dal Turchi nel 1453.
Questa longevità si deve al differente livello di sviluppo delle due parti
dell'impero. L'Oriente infatti non ha conosciuto quella concentrazione di terre
in mano all'aristocrazia che ha portato in Occidente sia allo sviluppo del
latifondo a conduzione schiavile, sia al declino del ceto dei piccoli
proprietari che per secoli avevano formato il nerbo delle legioni romane.
Le
città in Oriente erano più numerose e popolate e avevano anche una struttura
economica e sociale più complessa, con una larga presenza di ceti mercantili,
padroni incontrastati dei traffici del mediterraneo. L'aristocrazia non godeva
di una schiacciante superiorità sociale e non formava una classe rigidamente
chiusa tanto che era abbastanza semplice entrarvi per quanti emergevano nella
pubblica amministrazione, nelle professioni, nelle attività economiche.
L'assenza di una schiacciante aristocrazia favorì l'azione del governo imperiale
che potè attuare più facilmente le riforme di Diocleziano.
A ciò
si aggiunge il pieno controllo esercitato dallo Stato sulla chiesa, il
rafforzamento della flotta e la creazione di un esercito non molto numeroso ma
ben addestrato. Così si comprende come l'Oriente si presentasse all'appuntamento
con gli eventi decisivi del IV e V secolo in condizioni ben diverse rispetto
all'Occidente.
Altro
aspetto peculiare dell'Impero bizantino fu il crescente distacco tra il sovrano
e il popolo mediante la creazione di un piano di sacralità e di un alone di
mistero.
La
sacralizzazione esaltò il ruolo dell'imperatore quale difensore della dottrina
cristiana e responsabile della salvezza del popolo.
Imperatori bizantini da Arcadio a Giustiniano
Arcadio
(395-408),
salito al potere appena diciottenne sotto la tutela del
prefetto Rufino, goto, fu imperatore imbelle, che si lasciò dominare dai suoi
favoriti, e soprattutto dalla bella e ambiziosa imperatrice Eudossia.
Si
assiste in questo periodo alla netta distinzione tra gli orientamenti di
oriente e occidente. Infatti, mentre in occidente ci si stava orientando verso
il pieno inserimenti dei germani nell'esercito e nei quadri dirigenti dello
stato, in oriente, a tutti i livelli dello stato e della stessa chiesa, si
affermò una posizione di netta chiusura nei loro confronti che portò
all'estromissione dalle alte cariche militari. Inoltre in Oriente si diede
inizio a una politica sistematica di dirottamento verso occidente dei Visigoti e
degli altri germani orientali che diventavano sempre più inquieti sotto la
pressione degli Unni.
Teodosio II
(408-450),
figlio-di Arcadio, promulgò il famoso codice teodosiano,
raccolta di tutte le leggi emanate dopo Costantino. Sotto di lui si diffusero
le eresie dei nestoriani (che ammettevano nel Cristo due persone, l'umana e la
divina) e degli eutichiani o monofisiti (che ammettevano nel Cristo una sola
natura).
Marciano
(450-457),
cognato di Teodosio II per averne sposato la sorella
Pulcheria, radunò il concilio di Calcedonia (451), che condannò i nestoriani e
gli eutichiani, e diede ragione al papa Leone I, il quale in un « tòmos » famoso
aveva stabilito esservi nel Cristo «due nature in un'unica persona ».
Zenone (474-491),
detto l'Isaurico, giunto al potere dopo una lunga lotta di
successione, vide sotto il suo governo la conquista dell'Italia per parte di Odoacre e di Teodorico.
Rinunciò, come i suoi predecessori dal 400 in poi, a valersi dei germani come
truppe federate.
Grazie alla sua alta capacità finanziaria, l'impero bizantino può sostenere le
ingenti spese delle paghe dei soldati, senza dover ricorrere, come in occidente,
all'assegnazione di territori all'interno dello stato.
I
barbari vengono arruolati soltanto in un secondo momento e soltanto
individualmente. Essi prestano servizio sotto gli ufficiali imperiali e non
costituiscono mai contingenti autonomi. I germani vengono sostituiti poi con gli
Isauri, selvaggi montanari della regione del Tauro e sudditi dell'impero.
Quando Zenone devia l'invasione di Teodorico e dei suoi Goti verso l'Italia,
mentre per l'oriente cessa per sempre il pericolo germanico, l'occidente ne
viene investito e travolto.
L'atteggiamento filofisita di Zenone provoca uno scisma col Papa.
Anastasio I
(491-518),
favorì apertamente i monofisiti, rinfocolando le lotte
religiose. Dovette risolvere due difficili problemi interni:
le
continue rivolte degli Isauri e le continue agitazioni provocate dai contrasti a
sfondo religioso a cui non riuscivano a porre fine le deliberazioni dei concili
ecumenici.
Mentre fu relativamente facile venire a capo della ribellione degli Isauri
ricorrendo alla deportazione di massa, la soluzione del problema religioso si
rivelò praticamente impossibile.
Una
politica più conciliante nei confronti del monofisismo, prevalente in Siria e in
Egitto, ebbe come conseguenza l'esplodere delle rivolte a Costantinopoli e nelle
regioni centrali dell'impero, oltre all'insorgere di contrasti con la chiesa di
Roma.
Giustino I
(518-527),
rozzo generale illirico, proclamato imperatore dai
propri
soldati, riaprì, dopo gli imperatori eretici Zenone ed Anastasio, la serie degli
imperatori devoti alla Chiesa. Infatti nel 519 fa pace con il papa Ormisda e
riconosce senza riserve le concezioni dogmatiche dell'occidente.
La
nuova dinastia è infatti originaria della regione latinizzata della penisola
balcanica.
Sotto il suo governo avvenne la visita del
pontefice Giovanni I, inviato da Teodorico e accolto con riverenze e trionfi, il
quale, per ricambio, incoronò Giustino imperatore (primo degli imperatori
cristiani che ricevesse la corona dalle mani del papa).
Giustiniano (527-565)
Maurizio
(582-602)
inizia la riorganizzazione delle strutture dell'impero proseguita da Eraclio.
Eraclio
(610-641)
Durante il suo regno l'impero prese una svolta decisamente
orientale e antioccidentale, Eraclio parlava greco e non latino.
Salendo al potere, depose l'usurpatore Foca, che aveva fatto uccidere Maurizio e
puntò innanzitutto ad una riforma militare e amministrativa della parte
orientale dell'impero, ispirandosi ai principi che avevano guidato Maurizio nel
riordinamento delle province occidentali.
Quello che restava dell'Asia Minore bizantina fu
diviso in in nuove circoscrizioni territoriali, che presero il nome di «temi» (
in greco thema indica il Corpo d'armata) a capo di ognuno di essi c'era uno
stratega.
Questo ordinamento mirava inoltre a radicare i
soldati sul territorio, rendendoli nello stesso tempo colonizzatori e
proprietari delle terre che avevano il compito di difendere. Grazie a questa
riforma, nelle regioni interessate, di formò una fitta rete di piccoli
proprietari fondiari.
Le riforme di Eraclio non tardarono a dare i
loro frutti, soprattutto sul piano della coesione interne e del patriottismo
civico e religioso.
Grazie anche al massiccio appoggio dell'apparato
ecclesiastico, riuscì a mobilitare le energie vive dell'impero, arrivando tra il
626 e il 630 a sconfiggere definitivamente i suoi nemici con una condotta di
guerra improntata su un'incredibile audacia.
L'imperatore infatti invece di mirare alla
riconquista dei territori occupati dai Persiani, portò il suo attacco nel cuore
stesso del loro impero e ciò proprio mentre Costantinopoli era investito da un
grande esercito di Avari e Slavi che Eraclio - con un calcolo assai rischioso -
non ritenne in grado di violare le potenti fortificazioni della città.
Così mentre Costantinopoli resisteva fidando
nella protezione della Vergine - come recita l'inno Akàthistos ancora oggi
inserito nelle liturgia ortodossa del tempo di quaresima, riuscì a conquistare la
stessa Ctesifonte, capitale dell'impero Persiano e ad imporre un trattato di
pace che prevedeva la restituzione di tutti i territori occupati, Armenia,
Mesopotamia occidentale, Egitto, Siria e Palestina, il pagamento di una
indennità di guerra e la restituzione della Santa Croce portata via da
Gerusalemme.
Si concludeva così un duello durato quasi un
millennio, che per le dimensioni del teatro di guerra e delle risorse umane e
finanziarie impiegate può essere considerato il primo conflitto mondiale della
storia.
La morte del re persiano Cosroe II, trucidato
dalle sue truppe deluse, esprimeva bene il tramonto di una formazione politica
che qualche decennio dopo sarebbe stata definitivamente travolta dalla conquista
degli Arabi.
Eraclito intanto si era rivolto subito indietro
in aiuto di Costantinopoli che, nel 630 assistette al ritorno del suo imperatore
e alla rovinosa sconfitta degli Avari, che furono ricacciati nelle steppe della
Pannonia.
Forte del prestigio conseguito e consapevole
della necessità di rafforzare l'unità interna dello stato dinanzi alla nuova
minaccia degli Arabi, Eraclio ritenne giunto il momento di fare un ulteriore
tentativo per superare l'opposizione dei monofisiti, che costituivano la
maggioranza dei cristiani di Siria e Palestina.
Nel 638 fu così elaborata dal patriarca di
Costantinopoli, Sergio, una formula teologica di compromesso, che accettava sì
la conclusione del concilio di Calcedonia del 451 sull'esistenza in Cristo di
due nature distinte, umana e divina, ma le presentava unite da una sola volontà
(Monotelismo).
La nuova dottrina, fatta immediatamente propria
dall'imperatore, ebbe all'inizio una buona accoglienza anche a Roma dove i
teologi, meno versati dei loro colleghi orientali nelle difficili questioni
cristologiche, tardarono a coglierne il carattere eretico.
Il risultato fu che all'approvazione di
papa Onorio seguì l'opposizione dei pontefici successivi e l'insorgere di un
lungo conflitto tra papato e impero che culminò, nel 653, al tempo
dell'imperatore Costante II, nell'arresto di Martino I e nella deportazione a
Costantinopoli, dove morì tre anni dopo.
Solo nel 680 Costantintio IV raggiunse un accordo con il papa Agatone, un greco di origine siciliana. In base
ad esso fu convocato prima un sinodo a Roma con la partecipazione di vescovi
italiani, della Gallia, e dell'Inghilterra. L'anno dopo un concilio ecumenico a
Costantinopoli, formalmente condannò il Monotelismo, considerandolo una specie
di Monofisismo mascherato e confermando la dottrina elaborata dal concilio di
Calcedonia.
Il
tentativo di pacificazione di Eraclio, se aveva creato tensioni in occidente,
non aveva sortito effetti migliori in oriente, dove il Monotelismo non solo era
stato respinto dagli ortodossi, sia dai monofisiti, ma aveva anche reso gli
animi più accesi.
Ne
risultò così indebolita la capacità di resistenza rispetto all'invasione degli
Arabi, che nel 638 investirono la Siria e la Palestina, da dove passarono poi in
Egitto accolti con favore dai monofisiti che, fidando nella tolleranza religiosa
islamica, nel 640 aprirono loro le porte di Alessandria.
Note
storiche: strano destino quello di Eraclio, uno dei più
grandi imperatori della storia bizantina.
Dopo aver recuperato, attraverso smaglianti
vittorie gran parte dei territori già appartenuti all'impero, negli ultimi anni
del suo governo dovette assistere impotente alla loro perdita definitiva sotto
l'urto poderoso degli Arabi.
Se però questi travolsero l'impero persiano, non
riuscirono a venire a capo della resistenza dei bizantini e ciò principalmente
grazie alla saldezza dell'ordinamento militare e amministrativo introdotto da
Eraclio e sviluppato dai suoi successori: ordinamento destinato a costituire il
fondamento dello stato bizantino fino alla sua scomparsa nel 1453.
LONGEVITA' DELL'IMPERO BIZANTINO
Fino al regno di Leone III, agli inizi dell'VIII secolo, gli eserciti
islamici furono sconfitti e la gran parte dell'Asia Minore fu conservata dai
Bizantini.
Leone offese i Cristiani dell'occidente quando proibì l'uso delle immagini nelle
chiese orientali e tentò di imporre l'ordine alle chiese occidentali. Questo
creò un conflitto con i Cristiani d'occidente, che avevano sempre praticato
l'adorazione di Gesù, Maria e dei santi mediante l'uso di immagini e icone. La
proibizione delle immagini divenne la maggiore espressione dell'intromissione
dell'impero d'oriente negli affari della chiesa, pratica alla quale la chiesa
occidentale aveva sempre resistito. Oltre a creare un nuovo motivo di divisione
tra i cristiani d'oriente e d'occidente il provvedimento di Leone III provocò la
distruzione di molte opere d'arte.
Durante il periodo del primo medioevo l'impero bizantino fu una barriera
protettiva tra l'Europa occidentale e gli eserciti persiani, arabi e turchi. I
Bizantini furono anche il veicolo maggiore del sapere classico e della scienza
degli antichi, decadute nell'occidente fino al Rinascimento.
Attraverso i secoli, mentre gli Europei occidentali erano occupati a creare una cultura nuova, le
città dell'impero bizantino offrivano il modello stabile di una società
altamente civilizzata tuttora presente.
Cause della durata dell'impero d'oriente
L'impero d'Oriente, separato definitivamente dall'impero d'Occidente con un
decreto di Teodosio del 395, durò assai più a lungo, e Costantinopoli fu
conquistata dai Turchi quasi un millennio dopo che l'impero d'Occidente era
caduto in potere dei barbari.
Tante possono essere le cause della sua longevità:
la posizione geografica: Costantinopoli era ricca di difese naturali e
difficilmente espugnabile;
i Persiani e i Musulmani divennero un pericolo mortale solo più tardi, mentre i
barbari furono dirottati verso occidente
burocrazia, esercito, diplomazia rendevano l'impero un organismo forte e
compatto.
La burocrazia, spesso gretta e rapace, tuttavia rafforzava l'unità
dell'impero. L'esercito e la flotta erano forti e ben curati, tanto da farsi
rispettare dalle armate degli altri paesi a oriente e occidente.
Anche la diplomazia faceva la sua parte riuscendo a mettere i nemici gli uni
contro gli altri, comprando i più forti e mettendoli contro i più deboli.
Anche la chiesa era al servizio della salvaguardia dell'impero suscitando
vincoli e addomesticando potenziali nemici attraverso le conversioni.
La chiesa e lo stato si compenetrano: l'imperatore si faceva chiamare isapostolo
(simile agli apostoli) e vescovo esterno; il patriarca di Costantinopoli era la
voce dell'imperatore.
Nel secolo IX con lo scisma di Fozio, il distacco tra la Chiesa d'Occidente e la
Chiesa d'Oriente, per lungo tempo latente, diventava definitivo, ed effimeri
sarebbero riusciti i vari tentativi del papato per ricostituirne l'unità.
LA CIVILTA' BIZANTINA.
La civiltà bizantina fu per circa un millennio, dal VI al XV secolo, la più
grande civiltà che conobbe l'Europa, di gran lunga superiore alla civiltà
dell'occidente romano-germanico, che nella sua sostanza mantenne sempre qualcosa
di primitivo e di barbarico. Questa superiorità derivò ad essa dall'essere una
diretta continuazione della civiltà ellenistica e classica, che nell'oriente non
si spense mai, mentre nell'occidente aveva subito una profonda eclissi per opera
delle invasioni barbariche.
Costantinopoli, Alessandria, Atene, Antiochia, ecc. furono ancora per molto
tempo centri famosi di cultura: soprattutto diffuso fu il gusto per la
speculazione teologica, che, per la sottigliezza dell'ingegno greco, degenerò
spesso in una vera mania, fino a trasformare delle questioni religiose in
questioni politiche, con rivoluzioni e sommosse.
Molto caratteristica fu l'arte bizantina, che, per il suo fastoso gusto
decorativo, molto risente delle tradizioni artistiche dell'Oriente. Capolavori
di quest'arte sono la Chiesa di S. Sofia a Costantinopoli, ricostruita per ordine di Giustiniano, la chiesa di San Vitale a Ravenna, e, in parte, la chiesa di San Marco a
Venezia.
L'ORIENTE SLAVO E BULGARO
La civiltà bizantina, anche in ciò degnissima continuatrice della civiltà
romana, ha il merito di aver iniziato una grandiosa opera di civilizzazione
nell'oriente barbarico, invaso da innumerevoli tribù di Slavi e di Bulgari.
Gli Slavi, popolazione (secondo alcuni studiosi) di origine asiatica, poco
bellicosa, dopo avere, fin dai primi tempi dell'impero romano, occupato le
regioni dell'Europa centro-orientale, erano calati nel secolo V nella pianura
danubiana, nelle terre lasciate libere dalle immigrazioni germaniche.
Nel
secolo VI si erano stanziati anche nella penisola balcanica.
Verso la metà del sesto secolo gli Avari, popoli mongolici, che rappresentano, dopo
gli Unni, la seconda grande ondata della migrazione asiatica, avanzarono
terribili nella pianura danubiana e, incuneandosi tra gli Slavi, li divisero in
Slavi settentrionali (Moravi Sloveni, ecc.) e Slavi meridionali o Jugoslavi
(Serbi, Croati, ecc.).
Gli Slavi e soprattutto gli Avari, costituirono per parecchi secoli una
pericolosa minaccia per l'impero bizantino. Più volte, approfittando
dell'interminabile guerra persiana, invasero la Macedonia e la Tracia, fino ad
assediare la stessa capitale. L'imperatore bizantino Michele III (fine del sec.
IX) inviò tra gli Slavi i due famosi monaci Cirillo e Metodio, greci di
Tessalonica, i quali convertirono quei popoli al Cristianesimo e tradussero in
slavo le Sacre Scritture, facendo uso della scrittura glagolitica, tratta dal
corsivo greco, che prese poi il nome di alfabeto cirillico.
I Bulgari, popolazione anch'essa di origine asiatica, ma, a differenza degli
Slavi, molto bellicosa, dopo aver occupato per qualche tempo le regioni
settentrionali del mar Nero, erano calati, alla fine del settimo secolo, nella parte
orientale della penisola balcanica, sottomettendo le tribù slave che già vi si
trovavano, di cui adottarono gli usi e i costumi. Anche i Bulgari, come gli
Slavi e gli Avari, costituirono per parecchi secoli una pericolosa minaccia per
l'impero bizantino; e più volte, approfittando dell'interminabile guerra
persiana, invasero la, Macedonia e la Tracia fino ad assediare Costantinopoli.
Gli imperatori bizantini insignirono i re bulgari del titolo onorifico di zar
(sec. VIII); e il citato imperatore Michele III (fine del sec. IX) indusse lo
zar Boris a convertirsi al Cristianesimo e ad aprire il regno ai missionari
greci.
Il successore di Boris, lo zar Simeone (sec. IX-X), che aveva dimorato come
ostaggio a Costantinopoli e conosceva perfettamente la cultura e i costumi
bizantini, conquistò tutta la penisola balcanica, e fondò la Grande
Bulgaria, ma tentò invano di prendere Costantinopoli per farne la capitale. Alla
sua morte i Bizantini riuscirono a riprendersi i territori perduti e a
ristabilire la loro dominazione su tutta la penisola.
Nel secolo IX anche i Russi entrarono in contatto con l'impero bizantino; e un
secolo dopo il russo Viadimiro, principe di Kiew, sposando una principessa
bizantina si convertiva al cristianesimo (989), e portava in mezzo al suo popolo
la civiltà bizantina.
In tal modo tutta l'Europa orientale, nel cuore del più fitto Medioevo, riceveva
da Bisanzio quella impronta religiosa e civile che avrebbe mantenuto attraverso
i secoli pressoché inalterata.
BIZANTINI IN ITALIA
L'Italia, dopo la conquista bizantina, divenne una provincia dell'impero
d'Occidente, e per essa Giustiniano emanò una Prammatica Sanzione.
Le antiche istituzioni erano per la maggior parte decadute e lo stesso senato,
simbolo dell'antica grandezza, aveva cessato interamente di esistere.
La Prammatica Sanzione mirò a dare un nuovo assetto al paese, ponendo una netta
separazione tra poteri civili, affidati ad un prefetto del pretorio, e poteri
militari, affidati ad un patrizio.
Ma lo stato continuo di guerra, in cui ben presto si trovarono i Bizantini in
Italia, obbligò ad una fusione dei due poteri nella persona di un solo capo,
l'esarca, residente a Ravenna.
Nelle province (le antiche province di Diocleziano) furono posti duchi, o, alla
greca, strateghi, anch'essi con poteri civili e militari.
La Prammatica Sanzione conferiva una grande autorità ai vescovi, ai quali furono affidate molte mansioni municipali e provinciali, oltre a parecchie
prerogative nel campo giudiziario.
In complesso il governo bizantino non fu benefico all'Italia, e ne peggiorò le
già tristi condizioni economiche e sociali. Le lunghe guerre in occidente e in
oriente avevano esaurito le risorse dello stato, e la burocrazia bizantina, con
rapace fiscalismo mise in opera ogni mezzo per scoprire e mungere ogni sorgente
di ricchezza.
Perciò quella stessa popolazione italica, che aveva salutato Belisario e Narsete
come liberatori, non tardò a considerare i Bizantini come oppressori e a
sperare un qualunque mutamento che la sollevasse dal disagio in cui si trovava.
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