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  Guerra dei cent'anni 1337-1453 home
     
 

Con "Guerra dei cent'anni" si definisce il più lungo tra i vari conflitti intercorsi a partire dall'XI secolo tra il Regno d'Inghilterra e il Regno di Francia.

Durò, non continuativamente, 116 anni, e si concluse con l'espulsione degli inglesi da tutti i territori continentali, fatta eccezione per la cittadina di Calais, conquistata dai francesi solo nel 1558.

Nel processo di formazione dello Stato unitario francese, già avviatosi sotto i primi re Capetingi, rappresentò una lunga pausa, ma alla sua conclusione la Francia aveva sostanzialmente raggiunto l'assetto geopolitico moderno.
Il conflitto fu costellato da tregue più o meno brevi e interrotto da due periodi di vera e propria pace della durata rispettivamente di 9 e 26 anni, che lo dividono così in tre fasi principali,

la guerra edoardiana (1337-1360),

la guerra carolina (1369-1389) 

la guerra dei Lancaster (1415-1429), alle quali deve essere aggiunta la fase conclusiva della guerra (1429-1453).

 

Tale suddivisione è tipica della storiografia anglosassone, mentre altre periodizzazioni prevedono una prima (1337-1389) ed una seconda fase (1415-1453).

Dal punto di vista militare, in questo periodo vennero introdotte nuove armi e nuove tattiche, che segnarono la fine degli eserciti organizzati su base feudale e incentrati sulla forza d'urto della cavalleria pesante. Sui campi dell'Europa occidentale videro la luce gli eserciti professionali, scomparsi dai tempi dell'Impero romano.

Si trattò, ancora, del primo conflitto in cui si impiegarono sui campi di battaglia in Europa le armi da fuoco: in particolare, le bombarde, utilizzate per la prima volta, ad opera degli inglesi, nel corso della battaglia di Crécy.

La straordinaria importanza della guerra dei cent'anni, per quanto attiene la storia dell'Europa nel suo complesso, è evidenziata dal fatto che alla sua fine (1453, anno che vide pure la caduta di Costantinopoli) la storiografia moderna pone convenzionalmente la conclusione del Medioevo europeo.

 

Francia e Inghilterra alla vigilia del conflitto
Variegati, e spesso conflittuali, erano stati i rapporti tra Francia ed Inghilterra nei secoli precedenti, sin da quando Guglielmo il Conquistatore, duca di Normandia e quindi vassallo del re di Francia, era asceso al trono inglese; il matrimonio tra Enrico II d'Inghilterra ed Eleonora d'Aquitania aveva poi portato alla Corona inglese l'Aquitania e la Guienna, mettendo così in mano ai sovrani d'oltremanica, in qualità di feudatari, vasta parte del territorio francese.
Lo stridente legame tra i vassalli inglesi e i re francesi sfociò in aperto conflitto quando Giovanni Senza Terra si schierò col nipote Ottone IV per la successione ad Enrico VI del Sacro Romano Impero, mentre Filippo Augusto, impegnato nell'unificazione monarchica del territorio francese, appoggiava Federico II: con la vittoriosa battaglia di Bouvines ed il successivo trattato di Chinon, la Francia si riannetteva i possedimenti a nord della Loira (Berry, Turenna Maine e Angiò), mentre l'Inghilterra conservava in Francia solo l'Aquitania e il Ponthieu.
Dopo un breve periodo in cui le parti si capovolsero, ed un sovrano francese (Luigi VIII di Francia, nel 1216-1217) sedette sul trono d'Inghilterra, i successori di Filippo Augusto portarono avanti la politica di riunificazione territoriale, sia con le alleanze e i matrimoni, sia con le armi.

Il trattato di Parigi del 1259 complicò ulteriormente la situazione: con vari aggiustamenti territoriali, se pure pose temporanea fine ad un periodo di lotte durato oltre ottant'anni, ribadì il ruolo di feudo dei possedimenti inglesi in Francia, lasciando in fondo inalterate le ragioni di conflittualità fra le due potenze.
Nel 1284, il re Filippo IV il Bello continuò la politica unitarista intrapresa dal suo predecessore, accorpando alla corona anche il Regno di Navarra, collocato nei Pirenei. Nello stesso anno, il matrimonio con Giovanna I di Navarra portò alla Corona i territori di Champagne e Brie, adiacenti all'Île-de-France. Con l'ascesa al trono di Filippo IV, gli inglesi iniziarono a preoccuparsi delle influenza esercitate da Filippo nei confronti della regione delle Fiandre, da sempre una riserva commerciale per i sovrani inglesi, che di fatto ne avevano il controllo e vi esportavano ingenti quantitativi di lane grezze prodotte in patria.

Nel 1302, nella battaglia di Courtrai, cittadina situata nelle Fiandre Occidentali, in cui i francesi si trovarono di fronte le milizie delle città fiamminghe, insorte contro il dominio di Filippo IV, si assistette alla prima grande sconfitta della cavalleria feudale, determinata in gran parte dall'inadeguatezza delle tecniche di guerra.
Filippo continuò il suo progetto unitarista annettendo al Regno di Francia tutti i territori papali e confiscando i beni delle abbazie, il che determinò la successiva ostilità di papa Bonifacio VIII; cercò di annettere al suo Regno anche i feudi inglesi presenti sul territorio francese, ma da questo azzardato tentativo derivò una rivalità di lunga durata che sfociò nella guerra dei cent'anni.

 

L'Inghilterra nel 1337
L'Inghilterra, a differenza della Francia, nacque già nel 1066 come stato unitario in cui tutte le terre erano sotto il controllo del re ed il potere dei vassalli era relativamente debole. Tale unità politica permise ai monarchi inglesi di dedicarsi ad azioni di conquista su larga scala all'estero, e di ampliare quindi notevolmente i propri possedimenti al di fuori dei confini originari del regno. Nel 1152 Enrico II sposò Eleonora d'Aquitania, ottenendo da lei in dote l'immenso feudo francese, mentre sul fronte interno tentò di rafforzare il proprio controllo sulla Chiesa, non facendosi scrupolo di assassinare Thomas Becket, arcivescovo di Canterbury, colpevole di aver ostacolato il suo ridimensionamento dei privilegi ecclesiastici (1170).

Il figlio di Enrico II Giovanni senza terra, invece, combatté in Francia per difendere i possedimenti inglesi in Normandia dalle mire di Filippo Augusto, ma fu sconfitto; di fronte al malcontento dei nobili fu costretto a cedere notevoli poteri al Parlamento, emanando la Magna Charta (1215).
Nei cinquant'anni precedenti lo scoppio della guerra dei cent'anni, Edoardo I intraprese campagne di conquista in Galles ed in Scozia, sottomettendoli. Gli scozzesi, tuttavia, guidati da William Wallace e da Robert Bruce, si ribellarono e sconfissero le truppe di Edoardo II nella battaglia di Bannockburn (1314). Il Galles, invece, grazie ad un'opera massiccia di fortificazioni, fu mantenuto saldamente in mano inglese. Queste due guerre contribuirono a formare quegli arcieri che permisero all'Inghilterra di dominare i campi di battaglia nella prima fase della guerra dei cent'anni.
Dal punto di vista istituzionale, l'autorità del re d'Inghilterra era più debole e nello stesso tempo più forte di quella del re di Francia. La debolezza risiedeva nei forti poteri del parlamento (tra i quali era anche presente il diritto di veto su qualsiasi imposizione fiscale), mentre la forza era dovuta alla rete capillare di funzionari regi, detti sceriffi, che controllavano il territorio. Il peso della nobiltà nell'esercito, inoltre, era relativamente basso, poiché si preferiva che i feudatari inviassero al sovrano contributi in denaro piuttosto che contingenti di cavalieri.
 

Cause della guerra
Filippo il Bello morì nel 1314. La corona fu ereditata da Luigi X, figlio primogenito, che regnò neppure due anni: alla sua morte, Giovanni I, ancora neonato, salì al trono, sotto la reggenza dello zio Filippo V. Il regno del sovrano bambino finì cinque giorni dopo, avvolto nel mistero della sua morte. A lui succedette lo stesso zio Filippo V, che secondo alcuni avrebbe ucciso il piccolo Giovanni I, o lo avrebbe scambiato con un neonato morto. Alla morte di Filippo V (1322), non avendo eredi maschi secondo la legge salica (ormai in disuso ma da lui stesso invocata ad arte per usurpare il trono di Francia a Giovanna II di Navarra, figlia di Luigi X), gli succedette il fratello minore Carlo IV. Questi regnò per un breve periodo (1322-1328), e con lui si estinse la dinastia capetingia.
 

Parentele tra i Re di Francia, d'Inghilterra e di Navarra
Il trono francese si trovò così ad essere conteso tra due pretendenti, entrambi nipoti di Filippo IV: Filippo di Valois, figlio di Carlo di Valois, ed il re d'Inghilterra Edoardo III, figlio di Isabella di Francia. Grazie al sostegno dei grandi feudatari di Francia, Filippo poté cingere la corona e inaugurare la dinastia dei Valois. Ma Edoardo III non si arrese, si proclamò legittimo successore al trono francese e dichiarò la guerra.
Oltre alla causa principale, quella dinastica, gli storici ne hanno individuate altre: sicuramente la conquista francese delle Fiandre, territorio legato commercialmente all'Inghilterra, contribuì non poco allo scoppio della guerra, soprattutto quando gli inglesi finanziarono apertamente la rivolta che nelle Fiandre era divampata contro i francesi. A ciò si aggiunga la confisca, da parte di Filippo VI, dei feudi della Francia settentrionale, proprietà dei sovrani inglesi da secoli, sin dai tempi del normanno Guglielmo I d'Inghilterra. Non trascurabile appare poi il ruolo ricoperto da Roberto III d'Artois: questi, cognato di Filippo VI e grandemente impegnatosi nel favorirne l'ascesa al trono, cadde in disgrazia quando venne accusato di essersi impadronito con la frode (e forse con l'assassinio della zia Mahaut) della contea d'Artois; per sfuggire alla condanna nel 1336 riparò in Inghilterra alla corte di Edoardo III, di cui divenne ascoltato consigliere. Roberto, desideroso di vendetta, fomentò le pretese dinastiche e i sentimenti antifrancesi del suo protettore, fungendo anche da utile contatto con la nobiltà della Francia settentrionale ostile a Filippo.
A lungo la storiografia ufficiale ha condensato nella rivalità storica fra le dinastie tutte le maggiori cause della guerra; solo in epoca più recente si è rivolta con maggiore interesse alla "questione della Guienna", indicando la conservazione e la legittimazione definitiva del possesso di tale provincia come il vero obiettivo di Edoardo III, il quale con strategia difensivistica avrebbe impostato tutto il conflitto a tale scopo. Negli ultimi anni si sostiene, tuttavia, la buona fede delle pretese dinastiche di Edoardo, e a tali fini sarebbe stata rivolta l'intera sua azione politica e militare: i baroni di Francia, in definitiva, avrebbero incoronato Filippo non in quanto convinti del suo diritto al trono, ma perché consideravano Edoardo a tutti gli effetti uno straniero. La legge salica sarebbe stata - pretestuosamente - chiamata in causa solo trent'anni dopo, per una legittimazione postuma: i Valois, da parte loro, fecero di tutto per convincere i propri sudditi dell'illegittimità delle pretese inglesi, il che contribuì non poco all'esacerbarsi del conflitto.
 

La fase edoardiana (1337-1360)
I re d'Inghilterra si erano sempre trovati in una posizione di sudditanza feudale rispetto a quelli di Francia, in ragione dei feudi posseduti in Continente. Questo fattore portava ad una duplice ambiguità: da una parte i monarchi francesi avrebbero potuto in ogni momento avanzare pretese, legittime, su tali domini, dall'altra la presenza così massiccia di possedimenti inglesi su suolo francese rappresentava una vera e propria spina nel fianco per il debole regno capetingio.
L'inizio delle ostilità fu totalmente a sfavore dei francesi: l'esercito inglese, dominato dalla presenza dei famosi arcieri muniti d'arco lungo (longbowmen), sconfisse la cavalleria pesante francese, meglio equipaggiata, ma indisciplinata. Le armate di re Edoardo III, sbarcate in Francia nel 1337, inflissero a Filippo VI una dura sconfitta nella battaglia di Crécy (1346), conquistarono Calais (1347) e, agli ordini del principe del Galles, sconfissero a Poitiers la cavalleria pesante del nuovo re di Francia, Giovanni II, che fu catturato e liberato solo dietro il pagamento di un pesante riscatto (1356). Tuttavia la Francia non disponeva delle ingenti somme richieste dagli avversari, e Giovanni II dovette lasciare i suoi due figli come ostaggi. Quando però uno dei due figli fuggì, Giovanni, per senso dell'onore, tornò indietro e finì i suoi giorni in prigionia. Il Delfino Carlo, figlio di Giovanni e legittimo erede al trono, fu nominato quindi dagli Stati Generali difensore del regno in assenza del padre.
 

Battaglia di Crécy
In seguito alla disfatta la Francia sprofondò nel caos: i borghesi di Parigi, stanchi delle continue svalutazioni monetarie e della richiesta di sempre nuove imposte, strapparono al Delfino la Grande Ordonnance (1357), che concedeva agli Stati generali il potere di autoconvocarsi, il potere di deliberare sulle imposizioni fiscali e infine il diritto di eleggere propri rappresentanti nel Consiglio del Re, mettendo così la monarchia sotto controllo. Questa situazione indusse il Delfino a scendere a patti con gli inglesi; quando giunse a Parigi la notizia degli accordi di Londra, che concedevano agli inglesi la sovranità su un terzo della Francia, senza contropartita, i borghesi si ribellarono (rivolta di Étienne Marcel, del 1358). A questo punto, però, Carlo fuggì da Parigi e organizzò una controffensiva, vessando ulteriormente la popolazione rurale per rifornire l'esercito. Scoppiarono così numerose rivolte di contadini (le cosiddette jacqueries). Tuttavia i grandi borghesi parigini si rifiutarono di appoggiare le rivendicazioni contadine: l'esercito dei nobili riuscì facilmente ad avere ragione dei ribelli delle campagne, che vennero massacrati. Parigi era isolata, Marcel fu assassinato e il Delfino poté tornare in città. Tuttavia il regno di Francia era stremato e il re Giovanni il Buono si affrettò a concludere definitivamente un patto con l'Inghilterra, concedendo a re Edoardo III, nella pace di Brétigny (1360), l'intera parte sudoccidentale della Francia e ottenendo in cambio, questa volta, la rinuncia alle pretese al trono.
 

1365: La Francia dopo il trattato di Brétigny.
Il motivo della netta superiorità dell'esercito inglese è da ricercarsi negli anni di esperienza conseguita nel corso di guerre lunghe e complesse (come quelle in Scozia, Irlanda e Galles). Le truppe del re di Francia, invece, erano nettamente meno preparate (poiché chiamate alle armi con l'adunata generale, ovvero il sistema dell'arrière-ban), peggio organizzate a causa dei continui dissidi che sorgevano tra i nobili e pure meno coese, essendo di provenienza varia, ovvero in parte frutto feudale, in parte cittadina ed in parte mercenaria.

Guerra carolina (1369-1389) 
Carlo V di Francia, una volta salito al trono, si ritrovò a fronteggiare una situazione difficile: la Francia era nel pieno di una vasta crisi economica, un terzo del regno era controllato dagli inglesi e le rivolte contadine ed autonomiste (come quelle fiamminghe) si susseguivano senza sosta, anche a causa degli aiuti inviati dall'Inghilterra agli insorti. A peggiorare ulteriormente le cose c'erano i continui tentativi di Carlo il Malvagio, duca di Navarra, di ottenere la corona. Si presume che ci siano stati perfino tentativi da parte sua di avvelenare il sovrano.

Il più grande dei problemi del regno fu, probabilmente, il diffondersi di fenomeni di brigantaggio, dovuti alla grande smobilitazione di truppe. Nonostante tutti questi problemi, Carlo V stabilì che occorreva riprendere le armi per riconquistare le terre perdute e, per fare ciò, fece ricorso ad un pretesto.
 

Carlo V di Francia
Una condizione degli accordi di pace prevedeva che, in cambio della rinuncia inglese al trono di Francia, il re francese avrebbe perso la sovranità su tutte le terre cedute. Carlo V, tuttavia, volle ignorare il fatto pretendendo che il Principe Nero, feudatario in Aquitania, gli prestasse giuramento di fedeltà. Al rifiuto del Principe la Francia rispose con la dichiarazione di guerra ed il conflitto con l'Inghilterra riprese (1369).
Questa volta la superiorità militare inglese non fu più tanto netta: la nuova tattica francese, ideata da Bertrand du Guesclin e consistente nel cosiddetto "sciopero delle armi", ovvero nell'evitare lo scontro campale prediligendo una guerra di logoramento, colse del tutto impreparati i nemici che, abituati alla vecchia guerra d'incursione, si prodigavano in lunghe e infruttuose spedizioni di devastazione. Carlo V, perciò, riuscì a conseguire innumerevoli successi e a riconquistare la maggior parte delle terre precedentemente perse.

Nel 1380 gli inglesi conservavano solo Calais, Cherbourg, Brest, Bordeaux e Bayonne. La vittoria sembrava a portata di mano, ma ormai la Francia doveva far fronte a nuove rivolte.
Oppresse dal peso di una pesante fiscalità, le città delle Fiandre si erano ribellate e pretendevano il riconoscimento dell'indipendenza (1378). La rivolta fu probabilmente, come già detto, finanziata dagli inglesi che da sempre avevano interessi in quella regione e che speravano in una nuova vittoria delle milizie cittadine fiamminghe contro la cavalleria pesante francese, come era già avvenuto nella battaglia di Courtrai o degli Speroni d'Oro. La Francia, tuttavia, con l'aiuto di Filippo II di Borgogna, sconfisse i ribelli a Roosebeke (1382). Il duca borgognone fu ricompensato dal Re con l'annessione delle Fiandre ai propri domini.

Gli inglesi cercarono una soluzione al conflitto. La prima proposta fu presentata da Edoardo III che proponeva di trasformare l'Aquitania in un principato soggetto alla Francia, ma governato dal nipote del sovrano inglese, il futuro re Riccardo II. La cosa, tuttavia, fu accantonata in breve. Ma Riccardo non si arrese: infatti, appena salito al trono d'Inghilterra (1377), ripropose la tregua, convinto della necessità della pace. Non ebbe successo, però, e, nel 1381, si ritrovò a fronteggiare una serie di rivolte contadine scoppiate in seguito alla predicazione di John Wyclif.
Armagnacchi e Borgognoni - Dopo la morte di Carlo V (1380), il figlio, Carlo VI, salì al trono di Francia sotto la reggenza dei quattro duchi d'Angiò, Borgogna, Orléans e Berry. La politica francese, in questo periodo, proseguì sulla falsa riga di quella seguita sotto il monarca precedente e, in questo modo, la posizione dei Valois continuò a rafforzarsi. Nel 1385, tuttavia, il giovane sovrano prese direttamente le redini dello stato, ma con esiti tutt'altro che positivi: il re, infatti, dimostrò subito una personalità instabile e mostrava i primi segni della pazzia che si palesò ufficialmente a partire dal 1392 e che privò il paese della sua guida.
A seguito della follia del re Carlo VI, la Francia, dal 1393, fu governata da un consiglio di reggenza presieduto dalla regina Isabella. Il membro più influente del consiglio era il duca di Borgogna (Filippo l'Ardito) che era anche lo zio del re, Carlo VI, mentre il fratello del re, il duca d'Orléans, Luigi d'Orléans, cercava di contrastare il potere di Filippo.

Quando Filippo l'Ardito morì, nel 1404, suo figlio, il nuovo duca di Borgogna Giovanni senza Paura, nel consiglio di reggenza, ebbe un'influenza molto minore del padre e si scontrò con Luigi d'Orléans, per ottenere il controllo della Francia. Nel 1407, l'uccisione del duca Luigi ad opera dei partigiani di Giovanni fece sfociare la lotta per il potere in una vera e propria guerra civile.
Il successore di Luigi fu il figlio, Carlo, che, nel suo desiderio di vendetta, raccolse intorno a sé diversi nobili, detti orleanisti, e nel 1410, si alleò con il suocero il conte d'Armagnac, Bernardo VII, ed i suoi cavalieri guasconi (da cui il nome di Armagnacchi). Egli intraprese così un'accanita lotta contro la fazione dei Borgognoni. Questi ultimi, per tentare di vincere, non esitarono a chiedere l'aiuto degli inglesi, aprendo l'ultima e decisiva fase della guerra dei cent'anni.


Guerra dei Lancaster (1415-1429)
Dopo la morte di re Riccardo e la fine della dinastia dei Plantageneti, salì al trono d'Inghilterra il primo dei Lancaster (la dinastia da cui prende il nome la terza ed ultima fase della lunga guerra): Enrico IV. Enrico fece un'apparizione del tutto breve, poiché salì al trono già molto anziano, e governò durante il periodo di tregua che divide la Fase Carolina dalla Fase dei Lancaster. Il popolo mal sopportava il nuovo re, perché aveva avuto in passato screzi familiari con il beneamato dal popolo Riccardo II, che, in un momento, addirittura, lo esiliò. Alla morte di Enrico IV il testimone passò ad Enrico V, suo primogenito.
Intanto, sull'altra sponda della Manica, anche i francesi passarono, anche se brevemente, da una dinastia ad un'altra: difatti, Carlo VI non poté più regnare, poiché malato probabilmente di schizofrenia; a quel punto salì al trono, anche se non legalmente, Filippo II di Borgogna. Luigi di Valois, duca d'Orléans, nonché fratello di Carlo VI, duellò per la corona con Filippo II: alla fine l'ebbe vinta, ma la battaglia non finì qui. Ciò fece scaturire l'odio reciproco tra le due dinastie, che sarebbe durato vari secoli. Quindi, l'erede legittimo della corona di Francia divenne il figlio di Carlo VI: Carlo VII.
 

Battaglia di Azincourt
Enrico V, approfittando di queste lotte interne, intervenne a favore dei Borgognoni e annientò l'esercito francese nella battaglia di Azincourt (1415). Il destino della Francia sembrò segnato (in quell'evento cadde fra l'altro prigioniero il maresciallo di Francia Jean II Le Meingre detto Boucicault): le forze congiunte degli inglesi e dei borgognoni occuparono in breve tempo l'intera parte settentrionale del regno, Parigi cadde e gli armagnacchi furono costretti a scendere a patti: Caterina, figlia di Carlo VI, andò in sposa ad Enrico (trattato di Troyes, 1420).
Così, alla morte di Carlo VI e di Enrico V (1422), il figlio del re inglese, Enrico VI, venne incoronato a soli nove mesi "Re di Francia e d'Inghilterra". La madre, Caterina di Valois, fu allontanata dal figlio e non lo poté educare, poiché il consiglio di reggenza inglese (che fu costituito per l'età prematura del nuovo re ed era capeggiato dal signore di Bedford) pensava potesse influenzare il bambino, facendolo passare dalla parte francese.
Gli inglesi, a questo punto, pensarono che fosse giunto il momento propizio per dare il colpo di grazia al regno di Francia e, violando i patti stipulati a Troyes, si apprestarono ad assediare Orléans, città simbolo della parte armagnacca, mentre il delfino Carlo VII, impotente, si era ritirato nel Sud.

 

Giovanna d'Arco e la vittoria francese - Situazione nel 1429
Quando tutto sembrava perduto, una giovane contadina lorenese, Giovanna d'Arco, si recò dal Delfino Carlo dichiarandosi inviata da Dio per risollevare le sorti del regno di Francia (1429). La ragazza sosteneva di essere stata spinta ad agire in prima persona per il bene della Francia dalle voci dell'arcangelo Michele e delle sante Caterina d'Alessandria e Margherita d'Antiochia.

Sebbene gli storici inglesi minimizzino il ruolo che ella ebbe nello svolgersi degli eventi, è tuttavia impossibile ignorare che, da quel momento in poi, la guerra registrò una svolta di non poco conto. Le truppe del delfino, infatti, guidate da Giovanna, ruppero l'assedio di Orléans (da tale impresa derivò il soprannome di "Pulzella d'Orléans") infliggendo una pesante sconfitta alle forze inglesi e portando alle stelle il morale dei francesi che, imbaldanziti, sconfissero una seconda volta l'esercito del Bedford nella battaglia di Patay e riuscirono a liberare tutti i territori occupati fino a Reims, dove Carlo VII si fece incoronare.

Mentre per Giovanna sarebbe stato opportuno continuare la guerra fino alla totale cacciata degli inglesi, il sovrano preferì intavolare delle trattative col nemico. La Pulzella, allora, continuò le proprie spedizioni fino al 1430, quando, catturata dai Borgognoni a Compiègne, fu consegnata agli inglesi per 10.000 lire tornesi, processata per eresia e, infine, condannata a morte (1431), senza che, apparentemente, Carlo VII intervenisse.

La figura di Giovanna fu riabilitata solamente al termine della guerra (1456), divenendo così un personaggio mitico e leggendario della storia francese e uno dei simboli più significativi della Francia monarchica e cristiana. Con la Rivoluzione francese del 1789, anche questa immagine, come tantissime altre dell'Ancien Régime, sarà spazzata via o, perlomeno, oscurata dai nuovi simboli della rivoluzione.

Nel 1920 (a 489 anni di distanza dalla sua morte) Giovanna d'Arco fu canonizzata da papa Benedetto XV e, nello stesso anno, la Francia le dedicò una festa nazionale, tuttora in vigore.
 

Pace di Arras e fine delle ostilità
Finita la guerra e scacciati gli inglesi da quasi tutto il territorio (Calais rimase inglese), Carlo VII, "re di Francia", convocò una riunione ad Arras per stipulare gli accordi per poter costituire il Regno di Francia e rendere definitiva la pace tra armagnacchi e borgognoni. La Conferenza di Arras è ricordata per esser stata la prima conferenza europea. Ad essa presero parte i francesi, i borgognoni, i lussemburghesi e i Savoia.

Carlo VII cedette a Filippo III la Contea di Mâcon e le città della Somme, che costituirono con l'Olanda settentrionale e quella meridionale gli Stati Generali dei Paesi Bassi, uno Stato nazionale basato (come oggi) sul modello francese. Inoltre, il duca di Borgogna rimase vassallo del monarca francese, ma diventò ufficialmente indipendente da questo. Il trattato di Arras pose finalmente termine alla guerra civile tra armagnacchi e borgognoni. Fu firmato il 21 settembre 1435.
L'Inghilterra, così, rimasta isolata sul continente, subì ripetute sconfitte da parte delle truppe di Carlo VII. Nel 1436 perse Parigi, mentre, in seguito alle campagne avvenute tra il 1448 ed il 1453, culminate nella battaglia di Castillon, il controllo della Guienna e della Normandia passò definitivamente ai francesi. Agli inglesi rimase solo il porto di Calais che sarebbe caduto solo nel 1559.

Conseguenze della guerra
La guerra dei cent'anni coprì per intero l'ultimo scorcio del Medioevo e, di conseguenza, Inghilterra e Francia (ed in particolare quest'ultima) alla fine del conflitto apparivano molto differenti rispetto a prima. L'Inghilterra si era trasformata, in seguito alla pace finale, da potenza con forti interessi sulla terra ferma a stato marittimo del tutto tagliato fuori dalle vicende continentali (e ciò si fece sentire durante tutto il periodo successivo). Ma gli stravolgimenti maggiori si ebbero in Francia: se all'inizio del Trecento il regno aveva un'impronta fondamentalmente feudale e la corona deteneva solo un potere limitato, a metà Quattrocento un esercito permanente aveva soppiantato le milizie feudali e cittadine, l'autorità regia, rappresentata dai balivi, si era estesa a tutto il territorio ed era stata creata una fiscalità centrale. Il potere dei feudatari, inoltre, era stato notevolmente limitato e non erano più presenti possedimenti stranieri (con le uniche eccezioni di Calais e della Borgogna) all'interno dei confini.
 

Ruolo delle popolazioni basche e bretoni nella guerra
Gli inglesi (al contrario di quanto avverrà in seguito nella storia), appoggiarono i bretoni promettendo autonomia; infatti sin da prima della guerra dei cent'anni, la Bretagna era una zona molto autonoma ed influenzata dagli inglesi. In Bretagna si firmò la tregua di Malestroit, che fu molto flebile e di poca durata (1343-1346). Nel 1347 fu conquistata dai francesi, dopo la rottura della tregua sopraindicata. Dopo che i francesi persero la battaglia di Auray, la Bretagna tornò ad essere, con il primo trattato di Guérande, uno stato vassallo del regno di Francia, ma molto autonomo; infatti il duca di Bretagna scelse Carlo V come proprio re e non Edoardo III d'Inghilterra, nel trattato si arbitra, per la prima volta, dell'autonomia della Bretagna.
 

Baschi
Il Paese Basco francese, sin dalla fine del regno di Filippo Augusto (1223), divenne terra del re d'Inghilterra. Gli Inglesi ebbero con i Baschi un comportamento ambiguo, poiché promisero autonomia per averli come alleati, ma compirono vari saccheggi a loro danno.
Nel XV secolo il Paese Basco francese era ancora parte del dominio del re d'Inghilterra (il Béarn era semi-indipendente) e solo nel 1461 Bayonne divenne dominio reale francese, e la Guascogna e il Béarn feudi francesi.
 

Costi della guerra
All'inizio del conflitto, l'esercito francese, come del resto tutti gli altri eserciti feudali, non comportava spese eccessive per la corona: i vassalli, infatti, avevano il dovere di sopperire a tutte le spese dei propri contingenti se la mobilitazione era limitata a poche settimane. Se la campagna, invece, fosse durata un tempo maggiore, sarebbe stato compito della corona coprire le spese. La proclamazione dell'arrière-ban, inoltre, forniva un aumento considerevole delle entrate che evitava che il tesoro (povero, come tutti quelli degli stati feudali) si svuotasse velocemente.
L'utilizzo massiccio dei mercenari, lo "sciopero delle armi" ed il declino dell'istituzione dell'arrière ban, tuttavia, comportarono uno stravolgimento del sistema finanziario francese. Occorse, prima di tutto, incrementare il processo di svalutazione monetaria, ovvero diminuire le percentuali d'oro e d'argento delle monete per disporre di più denaro liquido, mossa che provocò effetti negativi sull'economia. La pressione fiscale, poi, si impennò e fu reso più efficiente la macchina delle tassazioni che divenne permanente.
 

Spese delle autorità locali
A causa dei propri doveri nei confronti della corona, i feudatari avevano sempre avuto il compito di tenere armato un piccolo esercito personale di cavalieri e di garantirne le forniture necessarie di viveri, armi e denaro. Con la guerra dei cent'anni, tuttavia, i costi che i vassalli della corona dovettero sostenere crebbero esponenzialmente: le armature divennero più complesse e sicure, ma anche molto più costose e, per di più, la Lancia, ovvero l'unità di combattimento composta dagli uomini alle dipendenze di un cavaliere, registrò un sensibile aumento dei propri effettivi. Queste nuove spese portarono ben presto ad un impoverimento e ad un indebolimento della nobiltà e, di conseguenza, ad un aumento dei carichi fiscali richiesti ai contadini che, già schiacciati dalla tassazione regia di guerra, si ribellarono in massa (jacqueries).
Furono le città, tuttavia, ad affrontare le maggiori spese durante il conflitto. Esse, infatti, oltre all'invio di contingenti e di grosse somme di denaro al re per la conduzione delle campagne, dovettero provvedere con le uniche proprie forze alla costruzione delle fortificazioni, un vero salasso per i bilanci. Si calcola, infatti, che l'erezione di una cinta muraria costasse l'equivalente di quarant'anni di entrate medie di una città e che perciò molte municipalità dovessero destinare gran parte dei propri investimenti in questo senso (si calcola, ad esempio, che Troyes, nel 1359, abbia speso il 72% delle proprie risorse finanziarie in opere di fortificazione).
 

Crisi finanziaria e devastazione del territorio
La guerra, sia in Francia che in Inghilterra, ebbe effetti nefasti sull'economia e finì col devastare ed impoverire le campagne. La tattica inglese, infatti, prevedeva l'impiego di azioni di saccheggio su larga scala ed anche di azioni massicce contro la popolazione civile, come teorizzato da sir John Fastolf. Era, del resto, proprio questa la strategia seguita dagli scozzesi alleati della Francia sul suolo inglese. L'agricoltura francese, perciò, subì colpi durissimi nel corso del conflitto e, nel corso dello "sciopero delle armi", fu perfino negata dalle truppe regie qualsiasi protezione ai contadini. Le ingenti tasse che furono imposte dai due regni per far fronte alle esorbitanti spese incontrate, poi, finirono col piegare i ceti produttivi aggravando la crisi.

Non è da sottovalutare, inoltre, la crisi delle finanze dei belligeranti che comportò immense conseguenze all'economia dell'Europa intera. A causa del passivo sempre più profondo, i regni dovettero fare ricorso massiccio al credito impegnandosi con le maggiori banche del tempo, tanto da essere costretti, a volte, a dichiarare bancarotta, come l'Inghilterra (1343). Ciò portò al fallimento delle due più importanti famiglie di banchieri dell'Europa del tempo, i Bardi ed i Peruzzi.
 

Armamento e tattiche militari
Vero protagonista delle prime battaglie del conflitto fu l'arco lungo inglese (longbow), arma con una gittata utile di ben novanta metri e con la quale tutti i sudditi del Re d'Inghilterra avevano il dovere di esercitarsi. Questo nuovo tipo di arco, sebbene fosse inferiore alla balestra per gittata e capacità di perforazione dei dardi, appariva in qualche modo vantaggioso per il minore costo, la maggiore maneggevolezza, praticità e velocità di ricarica. Gli arcieri inglesi, così, si dimostrarono efficacissimi nel contrastare le cariche della cavalleria pesante, poiché erano capaci di uccidere i cavalli in corsa a notevole distanza e lasciare i cavalieri nemici a terra nell'impossibilità di muoversi a causa della loro pesante corazza. Il rumore prodotto dalle centinaia di archi in funzione durante le battaglie venne denominato dai Francesi "Arpa del Diavolo".
 

Nuove corazze
Nel Duecento le armature consistevano in lunghe cotte di maglia dette usberghi ed in esse le parti composte da piastre di metallo erano molto limitate. Si calcola che tra il 1300 ed il 1350 il costo dell'armatura completa di un cavaliere equivalesse a ventiquattro giorni di paga. Col passare degli anni, invece, la corazza cominciò ad evolversi in un elaboratissimo sistema di piastre per meglio proteggere dalle nuove perfezionate armi da getto. La parte in maglia diminuì a vantaggio delle piastre metalliche, che ora erano talmente ben articolate e realizzate perfettamente su misura per il destinatario da artigiani specializzati anche solo in un singolo elemento dell'armatura, che il costo complessivo aumentò a dismisura, raggiungendo, nel 1450, l'equivalente di due mesi di paga. Questo notevole incremento delle spese sopportate dai cavalieri portò all'impoverimento di molte famiglie nobili ed all'aumento della pressione fiscale nei feudi.
 

Armi da fuoco
La polvere da sparo è un'invenzione attribuita ai Cinesi e la sua prima menzione appare su un testo del 1044. Questa miscela fu presto utilizzata per lanciare proiettili infilati in lunghe canne di bambù o di legno. La prima formula europea per la produzione di questo esplosivo fu scritta da Ruggero Bacone nel 1267.
Il termine "cannone" lo si trova citato per la prima volta in un documento fiorentino del 1326. Esattamente vent'anni dopo (1346), a Crécy, furono esplosi nel corso dello scontro alcuni colpi di artiglieria da parte degli inglesi. Fu allora che le armi da fuoco fecero il proprio ingresso nella storia della guerra dei cent'anni. Da quel momento in poi, esse cominceranno a svolgere una funzione sempre più importante nel corso dei combattimenti fino a riuscire addirittura a condizionarne l'esito (come nella battaglia di Castillon, nel 1453).

Le nuove artiglierie a polvere pirica non cancellarono, tuttavia, subito le precedenti artiglierie a trabucco, poiché questi due tipi di armi furono usati, almeno inizialmente, per scopi estremamente diversi: le prime erano impiegate con un alzo minimo e per colpi sparati in direzione orizzontale, mentre le seconde per il lancio di proiettili lungo traiettorie paraboliche. Non è, tuttavia, da sottovalutare l'impatto che le armi da fuoco ebbero sulla concezione della guerra, sul modo di combattere, di organizzare e di finanziare le spedizioni e sulla preparazione degli eserciti.
È comprensibile come l'introduzione di nuovi tipi di armamenti incoraggiasse una profonda revisione del modo di fare la guerra. Prima di tutto, occorreva fornirsi di truppe ben addestrate e sempre disponibili per qualsiasi evenienza. Gli inglesi, fin dai tempi delle guerre in Scozia e Galles, poterono sempre fare affidamento sui propri formidabili arcieri, poiché Edoardo I aveva imposto ai sudditi il dovere di addestrarsi per tiro con l'arco. Carlo V, in Francia, cercò di imitare questo esempio con l'istituzione di corpi di francs-archers, ovvero sudditi pratici nell'uso dell'arco con l'obbligo di prestare servizio in caso di necessità.
Col passare del tempo si raffinarono le tattiche militari ed il controllo sulle truppe. Le battaglie, così, smisero di risolversi in uno scontro frontale di cavalieri ed i comandanti dimostrarono di saper sfruttare a pieno le nuove possibilità che si offrivano loro. La cavalleria, intanto, cominciò ad essere impiegata nelle fasi conclusive degli scontri o per operazioni d'accerchiamento. L'azione dei tiratori, poi, divenne via via più importante e, generalmente, durante gli scontri campali si preferiva l'impiego di archi a quello di balestre.

La fanteria, grazie alla propria rilevanza quantitativa ed alla propria economicità, assunse un peso maggiore in battaglia, in special modo furono valorizzati i fanti, generalmente svizzeri, armati di picche e alabarde. Comparve infine la figura dell'artigliere, un professionista esperto delle nuove armi da fuoco. È evidente come in quello scenario in cui la guerra diveniva sempre più un affare per professionisti, occorreva far affidamento sempre di più sui mercenari e sui nuovi eserciti permanenti.
 

Grande Scisma d'Occidente
Quando papa Urbano VI trasferì la corte papale definitivamente da Avignone a Roma (1378), i francesi non accettarono la decisione e nominarono un antipapa, Clemente VII, aprendo così il grande scisma d'Occidente. La divisione tra le due curie spaccò l'Europa intera, poiché, mentre la Francia e i suoi alleati si posero sotto il papato avignonese, gli altri Stati (e in particolar modo l'Inghilterra e i suoi alleati) scelsero essere d'obbedienza romana. Le divisioni politiche, così, si estesero anche al piano confessionale.