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Caduta dell'impero romano
 425-476

LE GRANDI INVASIONI BARBARICHE (401-476)
I germani e l'esercito di confine - Nei periodi nei quali l'impero precipitava nei disordini e l'amministrazione era corrotta, la riverenza dell'esercito per l'ideale di Roma rimase intatta anche quando acclamavano il proprio generale come imperatore e marciavano su Roma per porre fine all'anarchia. Di conseguenza, gli eserciti impiegavano molto del loro tempo a trasformare le città nate attorno ai loro accampamenti in tante piccole Rome, o almeno cercavano di riprodurne il modello ideale.
L'esercito di frontiera inoltre creava reti di trasporto e di comunicazione (strade, ponti, luci di segnalazione, canali, porti, acquedotti).
Le frontiere occidentali dell'impero non avevano il compito primario di tenere fuori le popolazioni germaniche, ma di regolarne il flusso. C'era un discreto movimento attraverso la frontiera e molti popoli germanici si stabilivano appena oltre il confine in luoghi dove potessero godere relazioni estese e sicure coi romani. Le città di quei romani di confine forse erano più romane di Roma stessa, e così alcuni dei popoli germanici che vivevano più tranquilli lungo la frontiera svilupparono una discreta familiarità con i modi romani e tentarono di emularli.
Roma scoprì che spesso era più semplice assorbire ed arruolare come alleati i popoli ai confini germanici piuttosto che respingerli con le armi.
Dovunque fu spedito o dovunque fu stanziato, l'esercito romano offrì un esempio notevole di Romanità, dimostrando il senso di appartenenza ad una grande civiltà.
 

I Germani - I Romani chiamavano Germani tutti i popoli al di là dei confini del Danubio e del Reno.
Erano tanti: Alemanni, Franchi, Sassoni, Eruli, Burgundi Vandali e così via. Il primo scrittore latino che ci parla di loro è Cesare nel "De Bello Gallico."
Un'altra opera antica molto famosa è la "Germania" di Tacito, di un secolo posteriore al "De bello Gallico".
Al tempo di Cesare erano pastori nomadi dediti anche alla caccia e alle razzie. Al tempo di Tacito già li troviamo stanziati lungo i confini dell'impero, non più nomadi, dediti all'agricoltura e alla pastorizia.
Questo passaggio dal nomadismo alla stanzialità si doveva alla barriera costituita dal confine dell'impero romano. barbariNon potendo più avanzare liberamente erano stati costretti a fermarsi, ma avevano stabilito rapporti abbastanza proficui con i romani, basati su scambi commerciali, ma anche su servizio militare ottimo e gratuito in cambio di ospitalità all'interno dei confini del Limes.
Già nel corso del III secolo intere legioni erano formate da soldati e ufficiali germanici. D'altra parte gli ultimi e più gloriosi generali dell'esercito tardo-romano furono germanici (Stilicone, Oreste, Ezio ecc.)

Organizzazione sociale - L'organizzazione sociale dei Germani era basata sulla consanguineità. Il primo e più forte nucleo era quindi la famiglia, i cui legami erano sentiti molto strettamente. Offendere uno dei membri significava offendere tutta la famiglia. Tante famiglie più o meno imparentate formavano una gente e tante genti una tribù (Tacito diceva una "civitas", una specie di nazione).
La donna era soggetta sempre alla tutela del marito, le offese erano riparate mediante la faida (in seguito sostituita dal guidrigildo), l'ospitalità era considerata sacra e inviolabile.
La società germanica era costituita dagli Arimanni, dagli aldii e dagli schiavi.
Gli Arimanni (da herr mann - uomo di guerra) erano dotati di diritti civili, portavano le armi e combattevano. Gli Arimanni si riunivano annualmente in primavera per discutere di pace, di guerra, dell'elezione dei magistrati ecc. Questa assemblea era l'unica istituzione che in qualche modo rappresentava un surrogato di unità statale.
Gli aldii (o semiliberi), erano privi del diritto di proprietà e dei diritti civili.
Gli schiavi erano privi di ogni libertà, lavoravano in casa e nei campi o nelle botteghe artigiane e appartenevano completamente ai proprietari.
Soltanto in caso di guerra i Germani eleggevano un capo, o kónig (= re), con poteri dittatoriali, che doveva deporre alla fine dell'impresa.

La giustizia - La giustizia era soprattutto un affare privato che si regolava mediante la faida (vendetta privata), cosicché gli odi tra le famiglie duravano per generazioni. In seguito la faida fu sostituita dal guidrigildo, o compenso in denaro, nel rispetto di un tariffario dei delitti e delle pene. Le offese venivano riparate mediante la cosiddetta faida (o vendetta privata), in modo che gli odi e i delitti si perpetuavano di generazione in generazione. Talvolta per stabilire la colpevolezza o l'innocenza di un imputato si ricorreva all'ordalia, che consisteva in un duello, nella prova del fuoco o in altre prove pericolose uscendo vivi dalle quali si veniva dichiarati innocenti.
La religione - Il panteon germanico era costituito da una numerosa schiera di divinità grandi e piccole, buone e cattive, di natura prevalentemente antropomorfa.
La divinità principale era Odino, padre degli Asi; sposo di Frigg; era il capo degli dèi; sue sfere di competenza erano la guerra, la poesia e la magia delle rune; si impiccava, ma poi resuscitava; rinunciava ad un occhio per poter acquisire una speciale "vista mistica"; assumeva di volta in volta appellativi diversi; alla fine dei tempi sarà inghiottito dal lupo Fenrir, ma sarà vendicato dal figlio Vidharr. A Odino venivano offerti sacrifici cruenti a volte anche umani. Thor, figlio primogenito di Odino, era dio del fulmine e del tuono, Loki era dio del male.
Gli dei vivevano nel Walhalla dove finivano anche gli eroi morti in guerra. Nel Walhalla si trovavano le Walkirie bellissime donne guerriere. Castigo per gli ignavi era il tenebroso Nifleim.
Numerosi i dèmoni e gli spiritelli, come i Silfi e le Silfidi, i Nani, i Coboldi, ecc.
Nel sec. IV i Germani cominciarono a convertirsi al Cristianesimo per opera del vescovo Ùlfila, che tradusse la Bibbia in lingua gotica; ma poiché Ulfila era ariano, i Germani furono quasi tutti ariani e quindi, avversi al Papato e alla latinità. Soltanto i Franchi si convertirono subito al cattolicesimo, per cui la Francia ebbe il titolo di nazione primogenita della Chiesa.

CAUSE DELLE, INVASIONI BARBARICHE
Le principali cause delle invasioni barbariche furono:
a) la fame di terre, da parte dei Germani, passati da popolazione nomade a popolazione stabile.
L'agricoltura, praticata in modo rudimentale, non era sufficiente ai bisogni di una popolazione in continuo aumento; per cui l'incessante fame di terre indusse masse sempre più imponenti a varcare i confini per trovare i mezzi da vivere.
I barbari servirono come coloni nelle terre e come leti (mercenari) nell'esercito; e tanto grande divenne il loro numero, che già nella prima metà del III secolo intere legioni erano formate da barbari e comandate da generali barbarici.
b) l'avanzarsi degli Unni, per cui l'infiltrazione pacifica dei Germani nei territori dell'impero trapassò in invasione vera e propria.
 

I VISIGOTI IN ITALIA
Le grandi invasioni barbariche in Occidente hanno inizio con l'invasione dei Visigoti, che si erano stanziati nell'Illirico. I Visigoti erano spinti verso l'impero dagli Ostrogoti, che a loro volta erano spinti dagli Unni.
Nel 401 questi Visigoti, eletto a loro capo Alarico, dopo aver saccheggiato la Macedonia e la Grecia, penetrarono in Italia, dilagando nella pianura padana. Stilicone riuscì tuttavia a batterli a Pollenza (sul Tanaro) e a Verona, respingendoli verso l'Illiria.
L'imperatore Onorio, in tale occasione, trasferì la capitale da Milano a Ravenna, che, difesa dalle paludi e posta vicino al mare, offriva maggiori possibilità di difesa.
Nel 405 altre popolazioni barbariche, condotte da un re probabilmente ostrogoto, Radagàiso, penetrarono anch'esse in Italia, spingendosi fin nell'Italia centrale; ma Stilicone riuscì ancora a rigettare tali popolazioni al di là de
invasioni dei barbarille Alpi.
Nonostante tali meriti, Stilicone, accusato di tradimento dal partito antigermanico, che era fortissimo a corte, fu mandato a morte qualche anno dopo.

Nel 410 Alarico, approfittando della morte del grande generale, ripiombò in Italia, e, mentre Onorio si rinchiudeva in Ravenna, si spingeva fino a Roma, mettendola a sacco per tre giorni. Poi prosegui verso l'Italia meridionale, ma mori presso Cosenza, e, secondo una nota leggenda, fu sepolto nel fiume Busento con tutti i suoi tesori.
Il successore Ataulfo, che aveva sposato Galla Placidia, sorella di Onorio, e che era un grande ammiratore della civiltà romana, fece pace con Onorio, ottenendo che i Goti si stanziassero nella Gallia

sud-occidentale (Aquitania).

Poco più tardi i Visigoti passarono in Spagna, sostituendosi ai Vandali. mentre questi a loro volta, passavano nell'Africa settentrionale.
Altre invasioni dal confine renano - Stilicone, per combattere contro Alarico, aveva lasciato sguarnito il confine Renano. Dalla porta lasciata aperta penetrarono Burgundi, Svevi, Vandali e altri che saccheggiarono la Gallia. I Burgundi fondarono il regno di Borgogna in Gallia, gli Svevi si fermarono in Lusitania (Portogallo), i Vandali si stabilirono nella regione del Guadalquivir (vandalusia - Andalusia). In seguito i Vandali furono respinti in Africa settentrionale dalla pressione dei Visigoti.
Nello stesso tempo anche la Britannia veniva invasa dagli Angli e dai Sàssoni, che provenivano dalle regioni dell'Elba.


I REGNI ROMANO-BARBARICI - Con l'apparizione dei Visigoti ai confini dell'impero prende inizio il periodo delle invasioni barbariche e la conseguente formazione dei regni romano-barbarici.
I barbari non vengono nell'impero con l'intenzione di distruggerlo e di fondare stati autonomi, ma per essere insediati nel medesimo come "foederati", cioè come alleati di confine, che avrebbero dovuto difenderlo contro eventuali irruzioni di altri barbari. L'impero romano, con la forza e la sapienza delle sue leggi, era l'unico "Stato" che conoscessero, e perciò miravano non a distruggerlo, ma a rinvigorirlo.
Germani e Romani potevano completarsi a vicenda: se ai barbari mancavano le leggi, all'impero mancava assolutamente una forza militare adeguata.
Sorgono in tal modo, ai confini dell'impero, i cosiddetti regni romano-barbarici. Romani, perché intatte rimangono le istituzioni e le leggi romane; barbarici, perchè la milizia è in mano a re barbari, federati dell'impero romano. Il modo di stanziamento è quasi ovunque il medesimo: poiché esso era permanente, i barbari si prendono il terzo delle terre secondo l'uso romano, rispettando la precedente popolazione romana: cosa molto importante, perchè non fu mai possibile una durevole separazione tra popolazione romana e popolazione germanica, e la prima fini per assorbire la seconda con la sua lingua e la sua civiltà.
 

Nel 425 è Imperatore Valentiniano III, con reggente Galla Placidia  - Il governatore del nord Africa, Bonifazio, tornato in Italia dopo la sconfitta da parte dei Vandali, fu nominato magister utriusque militum ossia capo supremo dell'esercito. Ezio, che aveva liberato Arles dai Visigoti nel 425, aveva domato una rivolta nel Norico, aveva sconfitto i Franchi nella Gallia, geloso di Bonifazio, scese in Italia con un esercito di mercenari Unni. Impero 425 d.C.
Scontratosi, nel 432, con Bonifazio, ebbe la peggio, ma il

vincitore, ferito in battaglia, morì di lì a poco e il figlio Sebastiano, preso lui il comando dell'esercito, fu sconfitto.
Galla Placidia nominò Ezio generalissimo e patrizio (433).
Ezio dedicò tutta la sua attività alla restaurazione del prestigio imperiale nella Gallia e, poiché non era possibile scacciarne i barbari che l'avevano invasa, cercò di costringere a onorare i patti quelli che avevano ricevuto terre in qualità di federati.
Si dovette esclusivamente alla sua abilità politica e al suo valor militare se la Gallia non andò interamente perduta.
Ezio ebbe molto da fare: gli Armoricani e i contadini furono domati tra il 435 e il 437; in quest'ultimo anno i Visigoti furono respinti da Narbona e nel 439 si convinsero che era meglio rispettare i patti del 418; i Burgundi nel 435 toccarono una grave disfatta, in cui rimase prigioniero il loro re Gaudecario, e nel 443 ottennero di stabilirsi come federati nella Savoia; i Franchi Salii furono contenuti nelle terre occupate e stipularono anche loro patti con cui ottennero le medesime condizioni dei Visigoti e dei Burgundi.
Nel febbraio del 435, dietro ispirazione di Ezio, la corte di Ravenna stipulò con Genserico un patto, con il quale si riconoscevano al re barbaro le conquiste fatte, si accettavano i Vandali come federati dell'impero e si considerava il loro capo come governatore di quelle terre africane.
Genserico dal canto suo si obbligava ad assicurare la tranquillità e la difesa dei territori venuti in suo potere e di somministrare frumento ed olio all'Italia, e come garanzia, dava in ostaggio il proprio figlio Unnerico.
La pace coi Vandali non durò che quattro anni. Riavuto il figlio, nell'ottobre del 439 Genserico occupò improvvisamente Cartagine e si impadronì del resto della provincia proconsolare; l'anno seguente, raccolta una numerosa flotta, assalì la Sicilia.
Con la nuova potenza che sorgeva in Africa l'impero d'Occidente e quello d'Oriente vedevano compromesso il loro dominio del Mediterraneo.
Del gravissimo pericolo che li minacciava si resero conto Valentiniano III e Teodosio II; aiuti vennero mandati in Sicilia e furono fatti preparativi per una spedizione in Africa. Genserico riuscì a risolvere la questione mediante trattati: restituì parte della Numidia e la Mauritania, ricevette in compenso la parte della provincia proconsolare dell'Africa che non era stata conquistata, ed ebbe riconosciuta l'indipendenza del suo regno.
La cedevolezza dei due imperatori era giustificata dal sopraggiungere di un nuovo gravissimo pericolo: gli UNNI.

GLI UNNI IN GALLIA E IN ITALIA - Frattanto gli Unni, popolo di provenienza mongolica, dopo essere dilagati dall'Asia nell'Europa orientale, incalzando i popoli che trovavano sul loro cammino (Visigoti, ecc.), si affacciarono ai confini dell'impero. Nel V secolo erano stanziati in Ungheria.

Essi avevano costituito un vastissimo impero dal mar Nero al Mare del Nord, che comprendeva gran parte dell'Europa centrale e della Russia avendo assoggettato un gran numero di popoli germanici.

Uno dei loro guerrieri riuscì a convincerli a farsi eleggere loro capo promettendo la gloria e la grandezza che avevano avuto in Mongolia secoli prima. Questo guerriero, veramente molto valoroso, determinato e feroce era Attila.
Divenuto re degli Unni ATTILA, succeduto alla zio RUGA, morto nel 434, insieme col fratello BLEDA era rimasto solo sul trono dopo avere, nel 445, fatto uccidere il fratello.
Attila era piccolo, tarchiato, astuto, feroce, superstizioso, avido di ricchezze, ma generoso con i suoi uomini. Aveva numerose mogli. Era un grande condottiero e un organizzatore, ma non era riuscito a far diventare uno stato il suo vastissimo impero che teneva insieme con il terrore.
Attila aveva mantenuto buone relazioni con l' impero d'Occidente, sia per l'amicizia che Ezio aveva sempre dimostrato per gli Unni sia perché questi fornivano contingenti considerevoli di milizie mercenarie all'esercito di Valentiniano.
Invece i suoi rapporti con l'oriente non erano sullo stesso livello.
Nel 447, Attila passò il Danubio, devastò la Mesia, la Tracia e parte della Pannonia e costrinse Teodosio a pagargli seimila libbre d'oro e a promettergliene duemila e cento come tributo annuo. Non contento, tornò l'anno seguente a minacciare l'Oriente chiedendo la Mesia superiore.
Nel 450 Teodosio moriva e gli succedeva MARCIANO, marito di Pulcheria, sorella del morto imperatore.
Marciano era un valoroso soldato e rifiutò il tributo ad Attila. Attila che si mostrava prepotente con i deboli ma non osava competere con gli uomini forti e risoluti, capì che non c'era più niente da fare con l' impero d'Oriente e rivolse le sue mire all'Occidente.
Prima di muovere alla volta dell'Occidente, Attila mandò ambasciatori ai Visigoti e a Valentiniano: ai primi dava il consiglio di passar dalla sua parte, all'imperatore diceva di non marciare contro di lui ma contro i Visigoti.
Tutti quelli che dall'invasione di Attila avevano da temere si unirono contro il comune nemico. Ezio seppe riunire in salda alleanza i Visigoti, i Burgundi, i Franchi Salii e tutte le popolazioni della Gallia.
Nell' inverno del 451 Attila iniziò la marcia verso l'occidente, risalendo il Danubio. Si trascinava dietro un'orda immensa: circa settecentomila tra Unni, Geloni, Bastarni, Alani, Bavaresi, Eruli, Rugi, Svevi, Gepidi, Ostrogoti.

AttilaAttila non attaccò l'Italia, ma proseguì verso la linea del Reno e investi poderosamente la Gallia su un fronte vastissimo. I Burgundi e i Franchi furono sconfitti e messi in fuga, chi rimaneva indietro era ucciso senza pietà.
Scesi sulla Loira, Attila investì la città di Orléans, la quale, resistendo eroicamente per circa due mesi, salvò il resto della Gallia e diede tempo ad Ezio di accorrere contro Attila. Ezio aveva preso la via delle Alpi occidentali. Giunto nella Narbonese si unì con i Burgundi, con i Franchi, con i Visigoti di Teodorico e giunse a Orleans il 23 giugno del 451. Attila non attese il nemico e si ritirò. Fu raggiunto nei Campi Catalauni e sconfitto pesantemente.
Due giorni durò il combattimento che fu violentissimo e cruento. Fra i caduti ci fu il prode re Teodorico. Le orde nemiche furono respinte.
Il generalissimo dell'impero non riuscì a sfruttare bene la vittoria. Forse perché colpito dalle gravi perdite subite, con le poche forze rimaste non inseguì gli Unni. Anche perchè Torrismondo ritornò coi Visigoti nel suo regno e lo stesso fecero probabilmente i Burgundi e i Franchii Salii.
Così Attila, non incalzato, riuscì indisturbato a passare il Reno e ritirarsi nella Pannonia. (ecco perchè poi a Ravenna Ezio fu accusato di tradimento).
La Gallia era stata salvata, Attila era stato sconfitto, ma il suo esercito non era stato distrutto e, disponendo di tante forze, il fiero re degli Unni non poteva non pensare alla riscossa. L' Italia fu la mèta della nuova guerra che organizzava Attila.
I preparativi degli Unni non atterrirono Ezio. Poiché egli non poteva più contare sull'aiuto dei Visigoti e dei Burgundi, chiese soccorsi di truppe a Marciano, imperatore, e mandò Valentiniano al sicuro a Roma. Ordinò agli scarsi presidii della frontiera orientale dell'Italia di resistere più a lungo possibile all'invasione e si ritirò con il suo esercito sulla destra del Po per impedire al nemico di scendere nella penisola.

Nella primavera del 452 Attila, passate le Alpi Giulie, entrava in Italia.
Dopo eroica resistenza furono distrutte le città di Aquileia, Concordia e Altino; gli abitanti si rifugiarono nelle isolette della laguna dove poi sorgerà Venezia.
L' invasione, superate Vicenza, Verona, Brescia, Bergamo e Milano, non si arrestò che a Pavia. La linea del Po non fu passata né i barbari si fermarono a lungo nel territorio invaso. Il merito di avere indotto Attila a ritirarsi fu dallo storico Prospero d'Aquitania attribuito al vescovo di Roma Leone I, il quale, recatosi con un'ambasceria inviata da Valentiniano al campo di Attila sul Mincio, avrebbe persuaso il fiero barbaro a lasciare l'Italia. Ma i motivi del ritiro di Attila dall'Italia erano tanti.
Le devastazioni avevano prodotta una grave carestia nei paesi invasi, le stragi e il clima, avevano fatto sviluppare una epidemia di dissenteria che gli aveva dimezzato il numero dei soldati. Infatti faceva grande fatica a trovare da mangiare nelle paludi della pianura padana, e bevendo l'acqua sporca si ammalavano quasi tutti.

Intanto gli aiuti mandati da Marciano minacciavano gli invasori alle spalle ed Ezio iniziava l'offensiva riportando vari successi sui nemici.
Attila lasciò la Pianura Padana e si ritirò nella Pannonia e nel 453, poco tempo dopo il suo ritorno dall'Italia, morì.

Fu trovato esanime nella sua tenda l'indomani delle sue nozze con una bellissima fanciulla di nome Ildico.

Con la morte di Attila si sfasciò l' impero unno.
I Germani sottomessi si ribellarono e sconfissero gli Unni i quali fuggirono verso le foci del Danubio, dove rimasero circa due anni a preparare la riscossa.
Gli Ostrogoti nella Pannonia nel 455 furono assaliti dagli Unni, ma li sconfissero con forti perdite. Parte degli Unni sopravvissuti si stabilirono nella Russia meridionale, parte chiese a Marciano un insediamento nella Scizia e nella Mesia inferiore.
Un anno prima che i figli di Attila fossero battuti dagli Ostrogoti, Ezio periva per mano dell'imperatore.

Al pari di Stilicone egli aveva molti nemici alla corte e questi fin dalla vittoria dei Campi Catalauni avevano cercato di nuocere al generalissimo facendo spargere la voce che Ezio aveva indotto i Visigoti a ritirarsi per permettere una libera ritirata ad Attila e agli Unni di cui era amico. Ferito da Valentiniano, Ezio fu finito dai cortigiani (21 settembre del 454).
L' imperatore sopravvisse pochi mesi alla morte del suo ministro: il 16 marzo del 455 fu ucciso da due sicari di Petronio Massimo che gli voleva succedere al trono.
L'imperatore di Oriente non riconobbe Petronio e il re dei Vandali Genserico, essendo morti Ezio e Valentiniano, pensò giunto il momento di affacciarsi in Italia per fare bottino.
 

VANDALI A ROMA
Nel maggio del 455 i Vandali con una numerosa flotta comparvero davanti ad Ostia. La maggior parte degli abitanti cercò la salvezza nella fuga.
Petronio Massimo cercò anche lui di fuggire, ma i suoi stessi cortigiani lo uccisero (31 maggio). Tre giorni dopo Genserico entrava in Roma.
Genserico abbandonò la metropoli al saccheggio delle sue orde, che durò ben quattordici giorni.
Gli edifici furono rispettati, ma vennero spogliati di tutte quelle ricchezze che Alarico aveva lasciato.
Non ci furono stragi, ma numerosissime persone furono prese come prigionieri tra cui l'imperatrice Eudossia(vedova dell'imperatore Valentiniano III) e le figlie. I prigionieri seguirono i Vandali, che saccheggiata anche la Campania, ritornarono in Africa.

Riuscì inoltre a Ricímero, un generale barbarico, di sconfiggere in una grande battaglia la flotta dei barbari.

I territori africani, che col trattato del 442 erano rimasti all'impero d'Occidente, furono annessi al regno vandalico.


LA FINE DELL'IMPERO D'OCCIDENTE
Due mesi circa rimase vacante il trono d'occidente, nel luglio del 455 fu data in Gallia la porpora a MARCO MECILIO AVITO, uno dei migliori commilitoni di Ezio e che aveva indotto Teodorico ad unirsi ai Romani nella lotta contro Attila. Dopo la battaglia sui campi Catalauni era stato creato prefetto del pretorio e da Petronio Massimo aveva ripreso il comando di tutte le truppe imperiali della Gallia.
Seguì una lunga serie di lotte tra diversi generali che si dichiaravano imperatori finchè Oreste, già segretario di Attila e da tempo passato al servizio dell'impero, fu nominato magister militum e incaricato di marciare contro i barbari della Gallia. Invece attaccò l'imperatore a Ravenna.
 

ORESTE entrò in Ravenna il 28 agosto del 475; ma non prese la porpora: la diede invece a suo figlio Romolo, ancor giovinetto, il quale, proclamato imperatore il 31 ottobre, fu chiamato per vezzo o per dispregio Augustolo.
Le milizie mercenarie, fin dal tempo di Onorio avevano diritto, per la legge sugli acquartieramenti militari, all'alloggio e al mantenimento. Ogni proprietario doveva mettere a disposizione dei soldati un terzo della sua casa e un terzo del frutto delle sue terre. Ora i soldati chiedevano che invece della terza parte del frutto venisse data la terza parte delle terre stesse. Oreste non accolse la domanda delle sue milizie e suscitò una ribellione, alla cui testa si mise ODOACRE.

Nel 476, data usualmente assegnata alla fine dell'impero romano d'occidente, Odoacre (434-493), depose l'ultimo imperatore Romolo Augustolo e governò al suo posto.