LE GRANDI INVASIONI BARBARICHE
(401-476)
I germani e l'esercito di confine -
Nei periodi nei quali l'impero precipitava nei disordini e l'amministrazione
era corrotta, la riverenza dell'esercito per l'ideale di Roma rimase intatta
anche quando acclamavano il proprio generale come imperatore e marciavano su
Roma per porre fine all'anarchia. Di conseguenza, gli eserciti impiegavano molto del
loro tempo a trasformare le città nate attorno ai loro accampamenti in tante
piccole Rome, o almeno cercavano di riprodurne il modello ideale.
L'esercito di frontiera inoltre creava reti di trasporto e di comunicazione (strade,
ponti, luci di segnalazione, canali, porti, acquedotti).
Le frontiere occidentali dell'impero non avevano il compito primario di tenere
fuori le popolazioni germaniche, ma di regolarne il flusso. C'era un discreto
movimento attraverso la frontiera e molti popoli germanici si stabilivano appena
oltre il confine in luoghi dove potessero godere relazioni estese e sicure
coi romani. Le città di quei romani di confine forse erano più romane di Roma
stessa, e così alcuni dei popoli germanici che vivevano più tranquilli lungo la
frontiera svilupparono una discreta familiarità con i modi romani e tentarono di
emularli.
Roma scoprì che spesso era più semplice assorbire ed arruolare come alleati i
popoli ai confini germanici piuttosto che respingerli con le armi.
Dovunque fu spedito o dovunque fu stanziato, l'esercito romano offrì un esempio
notevole di Romanità, dimostrando il senso di appartenenza ad una grande civiltà.
I Germani -
I Romani chiamavano Germani tutti i popoli al di là dei confini del Danubio e
del Reno.
Erano tanti: Alemanni, Franchi, Sassoni, Eruli, Burgundi Vandali e così via. Il
primo scrittore latino che ci parla di loro è Cesare nel "De Bello Gallico."
Un'altra opera antica molto famosa è la "Germania" di Tacito, di un secolo
posteriore al "De bello Gallico".
Al tempo di Cesare erano pastori nomadi dediti anche alla caccia e alle razzie.
Al tempo di Tacito già li troviamo stanziati lungo i confini dell'impero, non
più nomadi, dediti all'agricoltura e alla pastorizia.
Questo passaggio dal nomadismo alla stanzialità si doveva alla barriera
costituita dal confine dell'impero romano.
Non potendo più avanzare liberamente
erano stati costretti a fermarsi, ma avevano stabilito rapporti abbastanza
proficui con i romani, basati su scambi commerciali, ma anche su servizio
militare ottimo e gratuito in cambio di ospitalità all'interno dei confini del Limes.
Già nel corso del III secolo intere legioni erano formate da soldati e ufficiali
germanici. D'altra parte gli ultimi e più gloriosi generali dell'esercito
tardo-romano furono germanici (Stilicone, Oreste, Ezio ecc.)
Organizzazione sociale -
L'organizzazione sociale dei Germani era basata sulla consanguineità. Il primo e
più forte nucleo era quindi la famiglia, i cui legami erano sentiti molto
strettamente. Offendere uno dei membri significava offendere tutta la famiglia.
Tante famiglie più o meno imparentate formavano una gente e tante genti una
tribù (Tacito diceva una "civitas", una specie di nazione).
La donna era soggetta sempre alla tutela del marito, le offese erano riparate
mediante la faida (in seguito sostituita dal guidrigildo), l'ospitalità era
considerata sacra e inviolabile.
La società germanica era costituita dagli Arimanni, dagli aldii e dagli schiavi.
Gli Arimanni (da herr mann - uomo di guerra) erano dotati di diritti civili,
portavano le armi e combattevano. Gli Arimanni si riunivano annualmente in
primavera per discutere di pace, di guerra, dell'elezione dei magistrati ecc.
Questa assemblea era l'unica istituzione che in qualche modo rappresentava un
surrogato di unità statale.
Gli aldii (o semiliberi), erano privi del diritto di proprietà e dei diritti
civili.
Gli schiavi erano privi di ogni libertà, lavoravano in casa e nei campi o nelle
botteghe artigiane e appartenevano completamente ai proprietari.
Soltanto in caso di guerra i Germani eleggevano un capo, o kónig (= re), con
poteri dittatoriali, che doveva deporre alla fine dell'impresa.
La giustizia -
La giustizia era soprattutto un affare privato che si regolava mediante la faida
(vendetta privata), cosicché gli odi tra le famiglie duravano per generazioni.
In seguito la faida fu sostituita dal guidrigildo, o compenso in denaro, nel
rispetto di un tariffario dei delitti e delle pene. Le offese venivano riparate
mediante la cosiddetta faida (o vendetta privata), in modo che gli odi e i
delitti si perpetuavano di generazione in generazione.
Talvolta per stabilire la colpevolezza o l'innocenza di un imputato si ricorreva
all'ordalia, che consisteva in un duello, nella prova del fuoco o in altre prove
pericolose uscendo vivi dalle quali si veniva dichiarati innocenti.
La religione -
Il panteon germanico era costituito da una numerosa schiera di divinità grandi e
piccole, buone e cattive, di natura prevalentemente antropomorfa.
La divinità principale era Odino, padre degli Asi; sposo di Frigg; era il capo
degli dèi; sue sfere di competenza erano la guerra, la poesia e la magia delle
rune; si impiccava, ma poi resuscitava; rinunciava ad un occhio per poter
acquisire una speciale "vista mistica"; assumeva di volta in volta appellativi
diversi; alla fine dei tempi sarà inghiottito dal lupo Fenrir, ma sarà vendicato
dal figlio Vidharr. A Odino venivano offerti sacrifici cruenti a volte anche
umani. Thor, figlio primogenito di Odino, era dio del fulmine e del tuono, Loki
era dio del male.
Gli dei vivevano nel Walhalla dove finivano anche gli eroi morti in guerra. Nel
Walhalla si trovavano le Walkirie bellissime donne guerriere. Castigo per gli
ignavi era il tenebroso Nifleim.
Numerosi i dèmoni e gli spiritelli, come i Silfi e le Silfidi, i Nani, i
Coboldi, ecc.
Nel sec. IV i Germani cominciarono a convertirsi al Cristianesimo per opera del
vescovo Ùlfila, che tradusse la Bibbia in lingua gotica; ma poiché Ulfila era
ariano, i Germani furono quasi tutti ariani e quindi, avversi al Papato e alla
latinità.
Soltanto i Franchi si convertirono subito al cattolicesimo, per cui la Francia
ebbe il titolo di nazione primogenita della Chiesa.
CAUSE DELLE, INVASIONI BARBARICHE
Le principali cause delle invasioni barbariche furono:
a) la fame di terre, da parte dei Germani, passati da popolazione nomade a
popolazione stabile.
L'agricoltura, praticata in modo rudimentale, non era sufficiente ai bisogni di
una popolazione in continuo aumento; per cui l'incessante fame di terre indusse
masse sempre più imponenti a varcare i confini per trovare i mezzi da vivere.
I barbari servirono come coloni nelle terre e come leti (mercenari)
nell'esercito; e tanto grande divenne il loro numero, che già nella prima metà
del III secolo intere legioni erano formate da barbari e comandate da generali
barbarici.
b) l'avanzarsi degli Unni, per cui l'infiltrazione pacifica dei Germani nei
territori dell'impero trapassò in invasione vera e propria.
I VISIGOTI IN ITALIA
Le grandi invasioni barbariche in Occidente hanno inizio con l'invasione dei
Visigoti, che si erano stanziati nell'Illirico. I Visigoti erano spinti verso
l'impero dagli Ostrogoti, che a loro volta erano spinti dagli Unni.
Nel 401 questi Visigoti, eletto a loro capo Alarico, dopo aver saccheggiato la
Macedonia e la Grecia, penetrarono in Italia, dilagando nella pianura padana.
Stilicone riuscì tuttavia a batterli a Pollenza (sul Tanaro) e a Verona,
respingendoli verso l'Illiria.
L'imperatore Onorio, in tale occasione, trasferì la capitale da Milano a
Ravenna, che, difesa dalle paludi e posta vicino al mare, offriva maggiori
possibilità di difesa.
Nel 405 altre popolazioni barbariche, condotte da un re probabilmente ostrogoto,
Radagàiso, penetrarono anch'esse in Italia, spingendosi fin nell'Italia
centrale; ma Stilicone riuscì ancora a rigettare tali popolazioni al di là delle
Alpi.
Nonostante tali meriti, Stilicone, accusato di tradimento dal partito
antigermanico, che era fortissimo a corte, fu mandato a morte qualche anno dopo.
Nel 410 Alarico, approfittando della morte del grande generale, ripiombò in
Italia, e, mentre Onorio si rinchiudeva in Ravenna, si spingeva fino a Roma,
mettendola a sacco per tre giorni. Poi prosegui verso l'Italia meridionale, ma
mori presso Cosenza, e, secondo una nota leggenda, fu sepolto nel fiume Busento
con tutti i suoi tesori.
Il successore Ataulfo, che aveva sposato Galla Placidia, sorella di Onorio, e
che era un grande ammiratore della civiltà romana, fece pace con Onorio,
ottenendo che i Goti si stanziassero nella Gallia
sud-occidentale (Aquitania).
Poco più tardi i Visigoti passarono in Spagna, sostituendosi ai Vandali. mentre
questi a loro volta, passavano nell'Africa settentrionale.
Altre invasioni dal confine renano -
Stilicone, per combattere contro Alarico, aveva lasciato sguarnito il confine
Renano. Dalla porta lasciata aperta penetrarono Burgundi, Svevi, Vandali e altri
che saccheggiarono la Gallia. I Burgundi fondarono il regno di Borgogna in
Gallia, gli Svevi si fermarono in Lusitania (Portogallo), i Vandali si
stabilirono nella regione del Guadalquivir (vandalusia - Andalusia). In seguito
i Vandali furono respinti in Africa settentrionale dalla pressione dei Visigoti.
Nello stesso tempo anche la Britannia veniva invasa dagli Angli e dai Sàssoni,
che provenivano dalle regioni dell'Elba.
I REGNI ROMANO-BARBARICI -
Con l'apparizione dei Visigoti ai confini dell'impero prende inizio il periodo
delle invasioni barbariche e la conseguente formazione dei regni
romano-barbarici.
I barbari non vengono nell'impero con l'intenzione di distruggerlo e di fondare
stati autonomi, ma per essere insediati nel medesimo come "foederati", cioè come
alleati di confine, che avrebbero dovuto difenderlo contro eventuali irruzioni
di altri barbari.
L'impero romano, con la forza e la sapienza delle sue leggi, era l'unico "Stato"
che conoscessero, e perciò miravano non a distruggerlo, ma a rinvigorirlo.
Germani e Romani potevano completarsi a vicenda: se ai barbari mancavano le
leggi, all'impero mancava assolutamente una forza militare adeguata.
Sorgono in tal modo, ai confini dell'impero, i cosiddetti regni
romano-barbarici. Romani, perché intatte rimangono le istituzioni e le leggi
romane; barbarici, perchè la milizia è in mano a re barbari, federati
dell'impero romano.
Il modo di stanziamento è quasi ovunque il medesimo: poiché esso era permanente,
i barbari si prendono il terzo delle terre secondo l'uso romano, rispettando la
precedente popolazione romana: cosa molto importante, perchè non fu mai
possibile una durevole separazione tra popolazione romana e popolazione
germanica, e la prima fini per assorbire la seconda con la sua lingua e la sua
civiltà.
Nel 425 è
Imperatore Valentiniano III, con reggente Galla Placidia - Il
governatore del nord Africa, Bonifazio, tornato in Italia dopo la sconfitta
da parte dei Vandali, fu nominato magister utriusque militum ossia capo supremo
dell'esercito. Ezio, che aveva liberato Arles dai Visigoti nel 425, aveva domato
una rivolta nel Norico, aveva sconfitto i Franchi nella Gallia, geloso di
Bonifazio, scese in Italia con un esercito di mercenari Unni.
Scontratosi, nel 432, con Bonifazio, ebbe la peggio, ma il
vincitore, ferito in
battaglia, morì di lì a poco e il figlio Sebastiano, preso lui il comando
dell'esercito, fu sconfitto.
Galla Placidia nominò Ezio generalissimo e patrizio (433).
Ezio dedicò tutta la sua attività alla restaurazione del prestigio imperiale
nella Gallia e, poiché non era possibile scacciarne i barbari che l'avevano
invasa, cercò di costringere a onorare i patti quelli che avevano ricevuto terre
in qualità di federati.
Si dovette esclusivamente alla sua abilità politica e al suo valor militare se
la Gallia non andò interamente perduta.
Ezio ebbe molto da fare: gli Armoricani e i contadini furono domati tra il 435 e
il 437; in quest'ultimo anno i Visigoti furono respinti da Narbona e nel 439 si
convinsero che era meglio rispettare i patti del 418; i Burgundi nel 435
toccarono una grave disfatta, in cui rimase prigioniero il loro re Gaudecario, e
nel 443 ottennero di stabilirsi come federati nella Savoia; i Franchi Salii
furono contenuti nelle terre occupate e stipularono anche loro patti con cui
ottennero le medesime condizioni dei Visigoti e dei Burgundi.
Nel febbraio del 435, dietro ispirazione di Ezio, la corte di Ravenna stipulò
con Genserico un patto, con il quale si riconoscevano al re barbaro le conquiste
fatte, si accettavano i Vandali come federati dell'impero e si considerava il
loro capo come governatore di quelle terre africane.
Genserico dal canto suo si obbligava ad assicurare la tranquillità e la difesa
dei territori venuti in suo potere e di somministrare frumento ed olio all'Italia, e come garanzia, dava in ostaggio il proprio figlio Unnerico.
La pace coi Vandali non durò che quattro anni. Riavuto il figlio, nell'ottobre
del 439 Genserico occupò improvvisamente Cartagine e si impadronì del resto
della provincia proconsolare; l'anno seguente, raccolta una numerosa flotta,
assalì la Sicilia.
Con la nuova potenza che sorgeva in Africa l'impero d'Occidente e quello
d'Oriente vedevano compromesso il loro dominio del Mediterraneo.
Del gravissimo pericolo che li minacciava si resero conto Valentiniano III e
Teodosio II; aiuti vennero mandati in Sicilia e furono fatti preparativi per una
spedizione in Africa. Genserico riuscì a risolvere la questione mediante
trattati: restituì parte della Numidia e la Mauritania, ricevette in compenso la
parte della provincia proconsolare dell'Africa che non era stata conquistata, ed
ebbe riconosciuta l'indipendenza del suo regno.
La cedevolezza dei due imperatori era giustificata dal sopraggiungere di un
nuovo gravissimo pericolo: gli UNNI.
GLI UNNI IN GALLIA E IN ITALIA -
Frattanto gli Unni, popolo di provenienza mongolica, dopo essere dilagati
dall'Asia nell'Europa orientale, incalzando i popoli che trovavano sul loro
cammino (Visigoti, ecc.), si affacciarono ai confini dell'impero.
Nel V secolo erano stanziati in Ungheria.
Essi avevano costituito un vastissimo impero dal mar Nero al Mare del Nord,
che
comprendeva gran parte dell'Europa centrale e della Russia avendo assoggettato
un gran numero di popoli germanici.
Uno dei loro guerrieri riuscì a
convincerli a farsi eleggere loro capo promettendo la gloria e la grandezza che
avevano avuto in Mongolia secoli prima. Questo guerriero, veramente molto
valoroso, determinato e feroce era Attila.
Divenuto re degli Unni ATTILA, succeduto alla zio RUGA, morto nel 434, insieme col
fratello BLEDA era rimasto solo sul trono dopo avere, nel 445, fatto uccidere il
fratello.
Attila era piccolo, tarchiato, astuto, feroce, superstizioso, avido di ricchezze,
ma generoso con i suoi uomini. Aveva numerose mogli. Era un grande condottiero e
un organizzatore, ma non era riuscito a far diventare uno stato il suo
vastissimo impero che teneva insieme con il terrore.
Attila aveva mantenuto buone relazioni con l' impero d'Occidente, sia per
l'amicizia che Ezio aveva sempre dimostrato per gli Unni sia perché questi
fornivano contingenti considerevoli di milizie mercenarie all'esercito di
Valentiniano.
Invece i suoi rapporti con l'oriente non erano sullo stesso livello.
Nel 447, Attila passò il Danubio, devastò la Mesia, la Tracia e parte della
Pannonia e costrinse Teodosio a pagargli seimila libbre d'oro e a
promettergliene duemila e cento come tributo annuo. Non contento, tornò l'anno
seguente a minacciare l'Oriente chiedendo la Mesia superiore.
Nel 450 Teodosio moriva e gli succedeva MARCIANO, marito di Pulcheria, sorella
del morto imperatore.
Marciano era un valoroso soldato e rifiutò il tributo ad Attila. Attila che si
mostrava prepotente con i deboli ma non osava competere con gli uomini forti e
risoluti, capì che non c'era più niente da fare con l' impero d'Oriente e
rivolse le sue mire all'Occidente.
Prima di muovere alla volta dell'Occidente, Attila mandò ambasciatori ai
Visigoti e a Valentiniano: ai primi dava il consiglio di passar dalla sua parte,
all'imperatore diceva di non marciare contro di lui ma contro i Visigoti.
Tutti quelli che dall'invasione di Attila avevano da temere si unirono contro il
comune nemico. Ezio seppe riunire in salda alleanza i Visigoti, i Burgundi, i
Franchi Salii e tutte le popolazioni della Gallia.
Nell' inverno del 451 Attila iniziò la marcia verso l'occidente, risalendo il
Danubio. Si trascinava dietro un'orda immensa: circa settecentomila tra Unni,
Geloni, Bastarni, Alani, Bavaresi, Eruli, Rugi, Svevi, Gepidi, Ostrogoti.
Attila non attaccò l'Italia, ma proseguì verso la linea del Reno e investi
poderosamente la Gallia su un fronte vastissimo. I Burgundi e i Franchi furono
sconfitti e messi in fuga, chi rimaneva indietro era ucciso senza pietà.
Scesi sulla Loira, Attila investì la città di Orléans, la quale, resistendo
eroicamente per circa due mesi, salvò il resto della Gallia e diede tempo ad
Ezio di accorrere contro Attila. Ezio aveva preso la via delle Alpi occidentali.
Giunto nella Narbonese si unì con i Burgundi, con i Franchi, con i Visigoti di
Teodorico e giunse a Orleans il 23 giugno del 451. Attila non attese il nemico e
si ritirò. Fu raggiunto nei Campi Catalauni e sconfitto pesantemente.
Due giorni durò il combattimento che fu violentissimo e cruento. Fra i caduti ci
fu il prode re Teodorico. Le orde nemiche furono respinte.
Il generalissimo dell'impero non riuscì a sfruttare bene la vittoria. Forse
perché colpito dalle gravi perdite subite, con le poche forze rimaste non
inseguì gli Unni. Anche perchè Torrismondo ritornò coi Visigoti nel suo regno e
lo stesso fecero probabilmente i Burgundi e i Franchii Salii.
Così Attila, non incalzato, riuscì indisturbato a passare il Reno e ritirarsi
nella Pannonia. (ecco perchè poi a Ravenna Ezio fu accusato di tradimento).
La Gallia era stata salvata, Attila era stato sconfitto, ma il suo esercito non
era stato distrutto e, disponendo di tante forze, il fiero re degli Unni non
poteva non pensare alla riscossa. L' Italia fu la mèta della nuova guerra che
organizzava Attila.
I preparativi degli Unni non atterrirono Ezio. Poiché egli non poteva più
contare sull'aiuto dei Visigoti e dei Burgundi, chiese soccorsi di truppe a
Marciano, imperatore, e mandò Valentiniano al sicuro a Roma. Ordinò agli scarsi
presidii della frontiera orientale dell'Italia di resistere più a lungo
possibile all'invasione e si ritirò con il suo esercito sulla destra del Po per
impedire al nemico di scendere nella penisola.
Nella primavera del 452 Attila,
passate le Alpi Giulie, entrava in Italia.
Dopo eroica resistenza furono distrutte le città di Aquileia, Concordia e Altino;
gli abitanti si rifugiarono nelle isolette della laguna dove poi sorgerà
Venezia.
L' invasione, superate Vicenza, Verona, Brescia, Bergamo e Milano, non si
arrestò che a Pavia. La linea del Po non fu passata né i barbari si fermarono a
lungo nel territorio invaso. Il merito di avere indotto Attila a ritirarsi fu
dallo storico Prospero d'Aquitania attribuito al vescovo di Roma Leone I, il
quale, recatosi con un'ambasceria inviata da Valentiniano al campo di Attila sul
Mincio, avrebbe persuaso il fiero barbaro a lasciare l'Italia. Ma i motivi del
ritiro di Attila dall'Italia erano tanti.
Le devastazioni avevano prodotta una grave carestia nei paesi invasi, le stragi
e il clima, avevano fatto sviluppare una epidemia di dissenteria che gli aveva
dimezzato il numero dei soldati. Infatti faceva grande fatica a trovare da
mangiare nelle paludi della pianura padana, e bevendo l'acqua sporca si
ammalavano quasi tutti.
Intanto gli aiuti mandati da Marciano minacciavano gli invasori alle spalle ed
Ezio iniziava l'offensiva riportando vari successi sui nemici.
Attila lasciò la Pianura Padana e si ritirò nella Pannonia e nel 453, poco tempo
dopo il suo ritorno dall'Italia, morì.
Fu trovato esanime nella sua tenda l'indomani delle sue nozze con una bellissima fanciulla di nome Ildico.
Con la
morte di Attila si sfasciò l' impero unno.
I Germani sottomessi si ribellarono e sconfissero gli Unni i quali fuggirono
verso le foci del Danubio, dove rimasero circa due anni a preparare la riscossa.
Gli Ostrogoti nella Pannonia nel 455 furono assaliti dagli Unni, ma li
sconfissero con forti perdite. Parte degli Unni sopravvissuti si stabilirono
nella Russia meridionale, parte chiese a Marciano un insediamento nella Scizia e
nella Mesia inferiore.
Un anno prima che i figli di Attila fossero battuti dagli Ostrogoti, Ezio periva
per mano dell'imperatore.
Al pari di Stilicone egli aveva molti nemici alla
corte e questi fin dalla vittoria dei Campi Catalauni avevano cercato di nuocere
al generalissimo facendo spargere la voce che Ezio aveva indotto i Visigoti a
ritirarsi per permettere una libera ritirata ad Attila e agli Unni di cui era
amico. Ferito da Valentiniano, Ezio fu finito dai cortigiani (21 settembre del
454).
L' imperatore sopravvisse pochi mesi alla morte del suo ministro: il 16 marzo
del 455 fu ucciso da due sicari di Petronio Massimo che gli voleva succedere al
trono.
L'imperatore di Oriente non riconobbe Petronio e il re dei Vandali Genserico,
essendo morti Ezio e Valentiniano, pensò giunto il momento di affacciarsi in
Italia per fare bottino.
VANDALI A ROMA
Nel maggio del 455 i Vandali con una numerosa flotta comparvero davanti ad
Ostia. La maggior parte degli abitanti cercò la salvezza nella fuga.
Petronio Massimo cercò anche lui di fuggire, ma i suoi stessi cortigiani lo
uccisero (31 maggio). Tre giorni dopo Genserico entrava in Roma.
Genserico abbandonò la metropoli al saccheggio delle sue orde, che durò ben
quattordici giorni.
Gli edifici furono rispettati, ma vennero spogliati di tutte quelle ricchezze
che Alarico aveva lasciato.
Non ci furono stragi, ma numerosissime persone furono prese come prigionieri tra
cui l'imperatrice Eudossia(vedova dell'imperatore Valentiniano III) e le figlie.
I prigionieri seguirono i Vandali,
che saccheggiata anche la Campania, ritornarono in
Africa.
Riuscì inoltre a Ricímero, un generale barbarico, di sconfiggere in una grande
battaglia la flotta dei barbari.
I territori africani, che col trattato del 442 erano rimasti all'impero
d'Occidente, furono annessi al regno vandalico.
LA FINE DELL'IMPERO D'OCCIDENTE
Due mesi circa rimase vacante il trono d'occidente, nel luglio del 455 fu data
in Gallia la porpora a MARCO MECILIO AVITO, uno dei migliori commilitoni di Ezio
e che aveva indotto Teodorico ad unirsi ai Romani nella lotta contro Attila.
Dopo la battaglia sui campi Catalauni era stato creato prefetto del pretorio e
da Petronio Massimo aveva ripreso il comando di tutte le truppe imperiali della
Gallia.
Seguì una lunga serie di lotte tra diversi generali che si dichiaravano
imperatori finchè Oreste, già segretario di Attila e da tempo passato al
servizio dell'impero, fu nominato magister militum e incaricato di marciare
contro i barbari della Gallia. Invece attaccò l'imperatore a Ravenna.
ORESTE entrò in Ravenna il 28 agosto del 475; ma non prese la porpora: la diede
invece a suo figlio Romolo, ancor giovinetto, il quale, proclamato imperatore il
31 ottobre, fu chiamato per vezzo o per dispregio Augustolo.
Le milizie mercenarie, fin dal tempo di Onorio avevano diritto, per la legge
sugli acquartieramenti militari, all'alloggio e al mantenimento. Ogni
proprietario doveva mettere a disposizione dei soldati un terzo della sua casa e
un terzo del frutto delle sue terre. Ora i soldati chiedevano che invece della
terza parte del frutto venisse data la terza parte delle terre stesse.
Oreste non accolse la domanda delle sue milizie e suscitò una ribellione, alla
cui testa si mise ODOACRE.
Nel 476, data usualmente assegnata alla fine dell'impero romano d'occidente,
Odoacre (434-493), depose l'ultimo imperatore Romolo Augustolo e governò al suo
posto.
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